"C'è
una storia personale dietro al romanzo e al film. Che mi lega
indissolubilmente a due donne massacrate a undici anni di distanza.
Due donne che sono figure mitiche della mia vita. Voglio che questo
lavoro corregga gli squilibri delle cose che ho scritto in precedenza
su di loro. Voglio accompagnare il loro mito con un'elegia. Voglio che
abbiano finalmente pace e non dire più una parola in pubblico su di
loro." (J. Ellroy)
La giovane età delle vittime, l'ambiente del sottobosco hollywoodiano
in cui è maturato il delitto, la mancata risoluzione dei due casi
hanno fatto sì che Betty Short e Jean Hilliker si siano fuse insieme e
siano diventate l'ossessione dominante, attorno cui ruota gran parte
dei romanzi di Ellroy, una delle voci più interessanti della
letteratura contemporanea, scrittore "maledetto", passato attraverso
il riformatorio, la galera, i vagabondaggi, la droga, l'alcool, che
scrive a mano, non ha il cellulare e che soprattutto o si fa amare o
si fa odiare.
Lo sceneggiatore Josh Friedman aveva iniziato ad adattare le oltre 300
pagine del romanzo per il regista David Fincher, a cui in seguito è
subentrato Brian De Palma.
Il film è incentrato sulla storia di due poliziotti ex pugili: Lee
Blanchard, detto mr. Fire (Aaron Eckhart) e Bucky Bleichert, detto mr.
Ice (Josh Hartnett) incaricati di indagare sull'omicidio di Betty
Short, detta Dalia Nera (Mia Kirshner). Mentre la relazione di
Blanchard con la compagna Kay (Scarlett Johansson) viene messa in
difficoltà dal crescente coinvolgimento dell'agente nelle indagini,
Bucky è attratto sia da Kay che dall'enigmatica Madelaine Linscott (Hilary
Swank), figlia di una potente famiglia della città e che sembra
nascondere un morboso legame con la vittima.
De Palma ha dichiarato a proposito del romanzo: "non lo considero
un romanzo di genere, ma una fiction storica....James ha creato un
intero mondo noir e il modo in cui racconta le sue storie è molto
complesso.."
La sua scelta è stata dunque quella di non raccontare solo la storia
della Dalia Nera, ma di esplorare il mondo di personaggi segnati
profondamente dal crimine, della Los Angeles del 1947 e, con lo
sceneggiatore Friedman, ha accentrato il plot sul triangolo
Bucky-Lee-Kay, sorvolando su molte storie secondarie che affollano il
romanzo di Ellroy.
Ad esempio nella sequenza in cui si scopre l'omicidio di Dalia, De
Palma, con una scelta di montaggio parallelo, concentra l'attenzione
del pubblico sullo scontro di pugilato truccato tra Lee e Baxter Fich,
che si svolge contemporaneamente al ritrovamento del cadavere, in
antitesi con ciò che succede nel libro. ("Ho voluto inserire la
scoperta di Dalia in uno sfondo in cui ci sono altre cose...")
In tutto il film peraltro De Palma tiene le immagini di Dalia morta
sullo sfondo, con la macchina da presa lontana da primi piani sul
corpo, mentre ci mostra spesso Betty viva attraverso i suoi provini,
in cui ha anche un suo cameo, prestando la sua voce a quella fuori
campo del regista che cerca di dirigere Betty durante un'audizione.
Questa si è dimostrata, a parere di chi scrive, la più interessante
scelta di regia di De Palma, che in questo modo è riuscito a creare
un'immagine "vivente" di Dalia, così come la sua immagine ha
continuato a "vivere" nella mente di Bucky, che nel film continua a
riguardarla, ma soprattutto nella mente di chi l'ha raccontata e di
chi l'ha letta o vista.
Certamente un contributo in questo senso è stato dato dall'ottima
interpretazione di Mia Kirshner, che ha saputo trasmettere il caos di
sentimenti che affollavano la mente di Betty mentre girava quei
filmini, una ragazza illusa, piena di aspettative, ma nel contempo
spaventata e a volte anche disgustata da ciò che faceva, stati d'animo
che emergono con particolare intensità nelle scene in cui l’attrice
guarda in macchina.
L'artificio dello sguardo in macchina, vecchio trucco di
interpellazione diretta dello spettatore e non a caso introdotto
proprio dal noir classico, viene utilizzato da De Palma anche con un
altro personaggio femminile, l'alter-ego di Betty, la femme fatale
interpretata da Hilary Swank: la prima volta che Bucky entra nella
dimora dei Linscott, Madelaine guarda in macchina come se accogliesse,
assieme a Bucky, anche gli spettatori, per farli assistere al "folle
pranzo" di quella specie di famiglia Addams.
Un gioco di sguardi assume una particolare connotazione anche nella
scena del ritrovamento del cadavere: la posizione della macchina da
presa e le angolature permettono al pubblico di guardare, dal punto di
vista del cadavere, il viso di Bucky, chiamato ad osservare la scena.
Non mancano in questo film quei virtuosismi tecnici, mai peraltro fini
a se stessi, che caratterizzano le altre opere di De Palma, anche se
qui si ha l'impressione che, anzichè essere esibiti, siano tenuti
sotto tono, quasi mascherati da un'esigenza di maggiore classicità di
linguaggio, forse riconducibile all'atmosfera noir del film o forse ad
una svolta nelle scelte stilistiche di De Palma (comune d'altronde a
molti altri registi americani visti al festival).
Magistrale comunque l'uso dei movimenti di macchina e delle riprese
plit-diopter nella sequenza dell'incontro di pugilato tra Mr. Fire e
Mr. Ice, in cui la messa a fuoco di dettagli in primissimo piano e
inquadrature d’insieme, accompagnata da velocissimi spostamenti del
punto di vista, cattura letteralmente lo spettatore sul ring.
Anche l'uso del colore risulta funzionale alla diegesi: fino alla
scena dello scontro tra i due poliziotti il regista usa colori saturi,
poi passa a contrasti molto forti per raccontare la storia,
intervallata da flash back desaturati: "Il film è fondamentalmente una
discesa all'inferno - dice De Palma - con il noir cerchi di usare
contrasti forti, ombre e angoli stretti."
Bella la scenografia di Dante Ferretti, che ha ricostruito i vari
quartieri di Los Angeles e la Hollywood del '47 a Sofia in Bulgaria.
Per quanto riguarda il cast, se la scelta dei protagonisti maschili si
è rivelata buona in quanto Eckhart e Hartnett sono perfettamente
calati nelle parti, non altrettanto convincenti si sono mostrate le
protagoniste femminili, con l'eccezione di Mia Kirshner: una H. Swank
poco credibile con il suo fisico filiforme nella parte della dark lady
e una Johansson stereotipata nella parte della fatalona anni 40.
Ellroy, che ha partecipato alla conferenza stampa in un completo rosa
tono su tono, si è dichiarato molto soddisfatto del film e
dell'interpretazione di Hartnett: "Friedman ha trasformato la mia
storia nella storia di Hartnett e di De Palma. E' stata colta
perfettamente l'essenza del mio romanzo.."
Il film invece è stato accolto con una certa freddezza da parte della
critica e degli spettatori, delusi forse nelle aspettative rispetto al
romanzo o allo stesso De Palma.
Un De Palma volutamente sotto tono, ma sempre attentissimo a coniugare
le scelte stilistiche con i contenuti da trasmettere, a cui si può
rimproverare soltanto, rispetto alla volontà dichiarata di rimanere
fedele allo spirito del libro, di avere privilegiato la ricostruzione
d'ambiente e il tema, a lui caro, del doppio, a scapito della capacità
di far emergere in modo più chiaro il dilagare dell'ossessione per
Dalia da Lee a Bucky. Di aver fatto cioè un film più “chandleriano”
che “ellroyiano”. Ma questa è la Dalia di De Palma e non di Ellroy.