Shutter Island
Martin Scorsese
- USA
2010
- 2h 18' |
Un
film affascinante, misterioso, angoscioso, crepuscolare, nel quale
l'ossessione di
Martin Scorsese, 67 anni, per il Male mette a confronto la
malvagità statale nazista (i campi di sterminio, la Shoah), la crudeltà
ideologico-tecnologica statale americana (gli esperimenti sul cervello
umano, il pensiero cancellato) e la criminalità individuale eliminata
dalla memoria con la rimozione. Temi grandiosi, che assumono nel film
l'aspetto d'una indagine poliziesca: nel 1954 due investigatori arrivano
sulla Shutter Island che ospita un grande manicomio criminale per
ritrovare una detenuta-paziente molto pericolosa scomparsa. Nell'atmosfera
cupa del luogo, la mente del detective Leonardo DiCaprio torna al giorno
in cui da soldato nella II Guerra Mondiale aprì con gli altri i cancelli
del lager di Dachau e vide i fantasmi; ricorda l'uccisione della propria
moglie e dei loro tre bambini; avverte il sospetto intorno agli ostacoli
opposti adesso alla sua investigazione. A metà del film e oltre, una
svolta drammatica imprime alla vicenda tutt'altro percorso.
Shutter Island,
simile a un corridoio di specchi deformanti, tratto da un libro
dell'autore di
Mystic River Dennis Lehane, ispirato ai noir americani di
serie B dei Quaranta, è un film fascinoso e sconcertante.
|
Lietta Tornabuoni - La
Stampa |
Diciamo
che, in un vortice di enigmi, sospetti di ribaltamento della realtà
rispetto a come sembra, identità distinte che via via si sovrappongono,
due sono le possibili direttrici della verità. Su un piatto c'è il dubbio
che il complesso psichiatrico-carcerario sia la copertura di una speciale
e segreta sperimentazione di metodi di lotta al pericolo comunista che
ricalca gli infami precedenti dei lager nazisti e del gulag staliniano.
Sull'altro piatto c'è invece la possibilità che il detective DiCaprio non
sia il coraggioso che - sia pur condizionato da sete di vendetta personale
e da una propensione alla violenza che è lascito dei traumi di guerra - si
è infiltrato per denunciare le mostruosità, ma un pericoloso schizofrenico
intorno al quale si gioca la partita tra le nefandezze della scuola già
psicochirurgica che si sta riciclando alla psicofarmacologia, e l'umanità
di chi crede nella guarigione. È probabile che Scorsese abbia avuto in
mente tanti precedenti (quelli per esempio in cui ci si accanisce a
convincere un sano di essere pazzo). La battuta finale messa in bocca a
DiCaprio, «Cos'è peggio: vivere da mostro o morire da uomo per bene?»,
non figura nell'epilogo del libro. E propende per la prima soluzione. |
Paolo D'Agostini - La Repubblica |
Due
agenti federali con cappotto e cappello a larghe tese in puro stile anni
50. Un'isola spazzata dai venti e circondata da minacciose scogliere che
sembra quella di King Kong. Un manicomio criminale sorvegliato da
poliziotti armati fino ai denti da cui è misteriosamente scomparsa una
pluriomicida. Due psichiatri affettati e sinistri (Ben Kingsley e Max Von
Sydow, figurarsi) che
accompagnano i federali nelle indagini, non si
capisce se per favorirli o depistarli. E tutta una fauna di psicotici,
uxoricidi, maniaci, affetti da ogni tipo di turba, che i due federali
(Leonardo Di Caprio e Mark Ruffalo) torchiano senza riguardi. Fino a
specchiare le loro più segrete ossessioni nella follia di quei poveri
dementi "curati" con elettrochoc e lobotomie. Perché siamo nel 1954,
nessuno ancora mette in dubbio il potere assoluto dei medici sui malati. E
poiché uno di quei dottori ha l'accento teutonico di Max Von Sydow,
l'ex-marine Di Caprio viene sommerso dai ricordi di guerra: lager e
cataste di cadaveri, ufficiali nazisti agonizzanti tra le fiamme, una
bambina fusa alla madre in un blocco di ghiaccio che si confonde con la
figlia dello stesso Di Caprio, morta tragicamente anni prima. Mentre anche
l'indagine si fa confusa, i ruoli incerti, quel manicomio e l'isola stessa
diventano un labirinto in cui la ragione si smarrisce...
Ci sono storie così piene di cliché che lo spettatore si mette sul chi
vive; film così nutriti di cinema che sembra di averli già visti. Eppure
ogni volta il regista, specie se è un grande regista come Scorsese, usa
quei cliché per rivelarci qualcosa nascondendo al contempo qualcos'altro.
Un po' come fanno le immagini-schermo care alla psicoanalisi, ricordi falsi
o manipolati dal nostro inconscio per difenderci da verità insopportabili.
Fino a instillare un dubbio radicale su quanto vediamo: realtà o
allucinazione, complotto o paranoia? Il problema è che Scorsese, seguendo
la strada già battuta intensamente dai noir degli anni 40-50, sprofonda
nel gioco dei rimandi fino a dedicare ai personaggi e ai loro sentimenti
lo stesso trattamento riservato ai classici dello schermo convocati in
Shutter Island,
facendone in qualche modo personaggi e sentimenti "di secondo grado",
citazioni viventi, capaci di suscitare nostalgia più che emozione e
sorpresa.
Un vero peccato perché fra tante scene madri, esaltate dalle sapienti
scenografie di Dante Ferretti e dalle dissonanze della colonna sonora (Schnittke,
Penderecki, Scelsi, Ligeti...), si affaccia un'ossessione della violenza e
della sopraffazione che appartiene invece profondamente a Scorsese. Così
profondamente che il regista di
Taxi Driver,
The Departed,
Toro scatenato, la
ammanta di citazioni per nasconderla e ostentarla insieme. Come si fa con
i segreti troppo scottanti. O con le manie coltivate così a lungo da
diventare maniera. |
Fabio Ferzetti - Il
Messaggero |
promo |
Nel 1954 due
investigatori arrivano sulla Shutter Island che ospita un grande
manicomio criminale per ritrovare una detenuta-paziente molto
pericolosa scomparsa. Nell'atmosfera cupa del luogo, la mente del
detective Leonardo DiCaprio torna al giorno in cui da soldato
nella II Guerra Mondiale aprì con gli altri i cancelli del lager
di Dachau e vide i fantasmi; ricorda l'uccisione della propria
moglie e dei loro tre bambini; avverte il sospetto intorno agli
ostacoli opposti adesso alla sua investigazione. Realtà o
allucinazione, complotto o paranoia? La malvagità nazista, la
crudeltà degli esperimenti medici e la criminalità individuale si
confondono nell'indagine poliziesca: un film crepuscolare,
affascinante, misterioso e angoscioso. |