Una
lezione di storia, però con la maiuscola, di quelle che nelle scuole
italiane non si sono mai fatte. Ma anche di cinema.
Segreti di Stato
é un film
importante per più motivi. Perché
Benvenuti
é accolto per la prima volta
in una manifestazione maggiore. Perché porta a compimento una ricerca
decennale di stile, di metodo, di linguaggio, essendo Benvenuti allievo
del Rossellini didascalico, ma in questo settore molto migliore del
maestro, ed è di Straub piuttosto un fratello minore che un allievo.
Perché riesce a fare quello che a nessun "brechtiano" é mai riuscito, e
tanto meno al cinema di denuncia all'italiana, sempre retorico e pieno di
ricatti e di trappole che fanno appello al cuore e alle viscere o olle
logiche di schieramento e molto poco, o niente, al cervello. Perché
contiene alcune sequenze di grande cinema: l'assassinio di Pisciotta visto
dagli specchi di un mobiletto di bagno, degno di Hitchcock; e quella delle
carte-fotografie che dimostrano la rete di collegamenti che, da un nome
all'altro, stabiliscono la rete dell'occulto che sta dietro una strage, e
che un colpo di vento butta all'aria. Dietro ogni strage italiana, quale
infinita rete di responsabilità! Se il pozzo della storia lontana é forse
impenetrabile, lo é ormai ancora di più quello della storia vicina, sulla
quale, come è il caso di Portella, è nata ahinoi! la nostra Repubblica. La
"lezione di storia" di Paolo Benvenuti, allargando il quadro delle
responsabilità, rimettendo in discussione le interpretazioni già date,
compresa ovviamente quella del bel film di Rosi, non dice certo che le
responsabilità non sono indicabili, ma che esse sono più vaste e complesse
di quello che non abbiamo pensato finora. Riporta la storia italiana, dal
'45 a oggi, come un pezzo di storia dell'impero di cui l’Italia è, da
allora, parte o colonia.
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