Di
lui ci si potrebbe anche innamorare, nel senso della sua
cinematografia: si parla di Paolo Benvenuti, classe 1946, regista
toscano da tempo attivo, nonostante ‘il suo quotidiano’ ben…altrove
dal campo artistico che, nel tempo, ci ha abituato a piccoli grandi
film rigorosi, essenziali sia dal punto di vista formale che
contenutistico.
Dopo essersi interessato alla pittura – sempre straordinariamente
presente in ogni suo fotogramma, "più quadro" che inquadratura - anche
grazie agli studi artistici sostenuti presso l'Istituto d'Arte e il
Magistero a Firenze, Benvenuti si dedica al cinema. Lavora come
assistente volontario per famosi registi come Roberto Rossellini, Jean
Marie Straub e Danièle Huillet, esordendo nel 1988 con il
lungometraggio
Il bacio di Giuda,
selezionato al Festival di Venezia nello stesso anno. A seguire una
serie di piccoli capolavori:
Confortorio, del 1992,
Tiburzi (1996),
Gostanza da Libbiano
(2000), un b/n che s’avvale di una splendida Lucia Poli. Del 2003 è
Segreti di Stato, presentato
anch'esso a Venezia (ebbe il merito, tra gli altri, di togliere dal
dimenticatoio Sergio Graziani, una delle voci più belle del doppiaggio
italiano – quella di Peter O’Toole, per esempio – oltreché valido
attore di teatro, cinema e televisione).
Ora Benvenuti presenta, Fuori Concorso,
un intenso
Puccini e la fanciulla
(prodotto in collaborazione con la Fondazione Festival Pucciniano e la
Mediateca Toscana Film Commission), un’opera per cui, per sua stessa
ammissione, dopo i vari Caravaggio o Bronzino dei film precedenti, ha
‘scomodato’ i pittori Macchiaioli di seconda generazione ed i suoi
ricordi di famiglia.
Grande cinema "da salotto" il suo (ma non alla Sautet) e la ricerca,
la cura, il trasporre un lavoro di sei anni ‘risolto’ in sei settimane
di lavorazione, la dicono lunga in merito. Un mese e mezzo è servito
al regista, a Paola Baroni ed ai suoi allievi della scuola di cinema
Intolerance per arrivare a scoprire la chiave di un mistero durato
cento anni, nato intorno alla figura del grande compositore toscano
Giacomo Puccini di cui quest’anno si celebra il 150° Anniversario
della sua nascita (un po’ dappertutto, da Capalbio, a Torre del Lago,
suo luogo d’elezione e di grande ispirazione al Giappone...).
Incentrato, come ha voluto evidenziare lo stesso Benvenuti, non tanto
sulla figura del grande musicista quanto su quella secondaria della
sua servetta, la fedele (suicida innocente nel gennaio del 1909),
Doria Manfredi,
Puccini e La Fanciulla è girato nella laguna di Massaciuccoli, luogo per eccellenza dell’infanzia di Benvenuti che
andava con il nonno a caccia in quell'amatissimo angolo di Toscana.
“Ma mio nonno, noto ‘passionista’ come si autodefiniva, di Giacomo
Puccini, intrideva nella mia mente paesaggio e musica del grande
Maestro che sembrava informare di sé persino le fronde tutt’attorno
alla barca”.
Grande amore quindi per Puccini, per il cinema, per l’arte. E ogni
inquadratura è qui pura arte: accuratezza, levigatezza, purezza dei
controluce, delle figure femminili perfettamente vestite con abiti
d’epoca. E poi la perfezione quasi maniacale – forse viscontiana prima
e zeffirelliana poi, non a caso – degli interni, tutto è ricostruito
con nostalgica puntualità e raffinatezza quasi maniacale.
Grande anche la colonna sonora: da pezzi di Puccini, tratti dall'opera
che andava scrivendo al tempo del racconto (La fanciulla del West),
ad un bellissimo excerptum dal quartetto La morte e la fanciulla
di Schubert.
Un vero capolavoro d’altri tempi che si congeda con immagini di
documenti inediti, ritrovati per caso. Filmati d’epoca che mostrano
Puccini mentre fuma, scrive le sue opere, si rapporta con Gioachino
Forzano.
“La cosa forse più curiosa - racconta Benvenuti – è che la
scena della caccia in barca noi l’abbiamo girata prima di vedere quel
bello spezzone dei primi del ’900: nemmeno apposta l’avremmo potuto
riprodurre altrettanto letteralmente, in senso artistico”.
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