Se hai diretto (con successo) un film su un giovane genio ribelle, è probabile che ti offrano altri film su giovani geni ribelli. E' la dura legge di Hollywood. Gus Van Sant è autore di ottimi film indipendenti e/o maledetti (Belli e dannati, Da morire) ma ha sfondato con Will Hunting, e questo spiega perché Sean Connery, produttore e interprete, l'abbia scelto per Scoprendo Forrester. Ma anche simili "pacchetti" hollywoodiani possono produrre risultati: il film non è male, grazie al sempre affascinante Connery e all'esordiente Rob Brown, davvero sorprendente. Il Forrester del titolo è Connery: uno scrittore anziano, che ha scritto un unico, grande romanzo a 23 anni (Avalon Landing) e si è poi ritirato dal mondo, rifugiandosi in un anonimo appartamento del Bronx. Brown è invece Jamal, ragazzo afroamericano povero, piccolo genio del basket ma, soprattutto, romanziere in erba che nel misterioso Forrester trova un maestro di letteratura e un secondo padre. Sullo sfondo, l'istituzione: il college di Manhattan dove Jamal studia, il professore carogna che lo perseguita, la ragazza ricchissima che gli fa intravedere mondi sconosciuti. Un romanzo di formazione in cui il vero protagonista è il "formatore", il maestro. Nobile, lievemente accademico. |
Alberto Crespi - Film Tv |
Vale la pena, al cinema, diventare bravi? In tanti anni di carriera Sean Conney non è mai stato bravo, misurato e convincente come in Scoprendo Forrester: eppure non gli hanno dato la nomination all'Oscar e neppure il premio come migliore attore alla Berlinale, dove il film di Gus Van Sant era in concorso. Anche il regista è più bravo, nonché assai più sobrio, del solito. C'è netta l'impronta dell'autore nelle sue immagini; anche se, per riconoscerla, bisogna grattare un po' lo strato di convenzioni narrative che sposano generi diversi: dal dramma di college a quello sportivo, dal «cancer movie» alla storia di strana coppia. In apparenza, nessuna coppia potrebbe essere più strana di quella formata dal settantenne William Forrester (Connery, of course), scrittore mito di una generazione confinatosi in un esilio volontario che evoca immediatamente JD Salinger, e dal sedicenne Jamal Wallace (Rob Brown, un debuttante da tenere d'occhio), ragazzo nero del Bronx dotatissimo per il basket di strada. Solo in apparenza, però; perché Jamal possiede anche, e in abbondanza, il cromosoma della letteratura... |
Roberto Nepoti - La Repubblica |
Da Jerome David Salinger a Thomas Pynchon, il vecchio scrittore solitario, separato dalla vita, misantropo, nevrotico, chiuso nella memoria e nel rimpianto, sprezzante del mondo, non è certo un personaggio raro nella storia della letteratura americana: ad esso vuol somigliare il protagonista di Scoprendo Forrester di Gus Van Sant, uno scrittore che dopo aver avuto gran successo e un premio Pulitzer con un romanzo, s’è rinserrato in se stesso e nel suo appartamento newyorkese all’attico. La casa è simbolica: all’esterno, un edificio tagliente, simile alla prua d’una nave, di pietra annerita, d’antica eleganza, che ha visto il quartiere mutarsi in luogo popolare abitato soprattutto da neri; all’interno, un appartamento oscuro nel quale si sono stratificati i libri, le carte, i giornali, gli oggetti, i ricordi di una vita. In queste stanze evolve il rapporto tra il vecchio scrittore e un aspirante scrittore di sedici anni, nero, popolano, bravo giocatore di pallacanestro accolto per meriti sportivi in un’ottima scuola privata, bersaglio per pregiudizio sociale dell’ostilità di un professore. Il legame tra i due uomini di età, classe sociale, cultura, etnie diverse, uniti soltanto dall’amore per l’arte di scrivere, si approfondisce: diventa anche un’amicizia reciprocamente protettiva e pedagogica, un affetto maestro-allievo, padre-figlio, con sfumature gay di dedizione, di dolcezza: e qualche incidente non li separa. Gus Van Sant (Drugstore Cowboy, Belli e dannati, Cowgirls, Da morire) a quasi cinquant’anni arriva a una narrazione interiore, pacata, sin troppo riflessiva; il ragazzo debuttante Rob Brown è bravo; Sean Connery, anche produttore del film, fa poco ma lo fa a perfezione. |
Lietta Tornabuoni - La Stampa |
TORRESINO ALL'APERTO! giugno-agosto 2001