Rusty il selvaggio
(Rumble
Fish) |
Tulsa-Oklahoma. Anni '60. I tempi delle bande sono passati, ma non il loro mito. Rusty James cerca di farlo rivivere sulla propria pelle in nome dell'affetto-ammirazione per il fratello maggiore che di quel periodo è stato un leader ("il pifferaio magico") e che ancor oggi perpetua la sua leggenda nelle sale da biliardo del quartiere e sulle pagine di qualche rivista patinata, noto a tutti come "motocycle-boy", il ragazzo della motocicletta. Proprio in una prospettiva di tensione imitativa Rusty, disancorato da una serena situazione familiare (madre fuggita di casa - padre alcolizzato), cerca di delinearsi a sua volta come capobanda, esibisce una caricata andatura da spaccone, accetta scontri violenti di supremazia-verifica personale. Quando però Motocycle Boy fa ritorno da un lungo viaggio, ovviamente "mitico" (California), Rusty rientra nel suo ruolo di fratello minore idolatrante e segue come un'ombra il suo impenetrabile eroe: sintomaticamente abulico, distaccato per contingenze fisiche dalle atmosfere del reale (è daltonico, soffre di un principio di sordità e probabilmente di una qualche turba mentale), Motocycle Boy è pure isolato, forse per intime disillusioni giovanili, dal flusso sociale della nuova generazione ("ha sbagliato parte e commedia" dice di lui il padre). Il suo unico interesse sembrano dei piccoli pesci siamesi «combattenti» (in inglese "rumble fishes"), sempre pronti ad attaccare i loro simili e perfino la propria immagine riflessa: "non combatterebbero se fossero nel fiume, se avessero spazio" ripete assorto a Rusty davanti all'acquario del negozio di animali. La conclusione non può essere che quella di osare la trasgressione, saccheggiando il negozio e riportandoli nel fiume. Motocycle Boy pagherà il suo gesto con la vita, ma con i pesci anche Rumble Fish-Rusty seguirà il fiume fino al mare. L'immagine finale lo immortala a cavallo della motocicletta, su una spiaggia: come dice la scritta sul muro "the motocycle-boy reigns". |
Ricavato da un altro romanzo della stessa autrice
di The Outsiders (da cui il più commerciale I ragazzi
della 56a strada)
Rusty il selvaggio è la
voce d'autore sulla stessa nota sociale. La cifra stilistica evidente è
l'uso del bianco e nero (perfetta la fotografia di Stephen H. Burum) motivato
tematicamente dal daltonismo di Motocycle Boy, a stigmatizzare il carisma
della sua personalità che pervade l'incedere di tutta l'opera. Ma
quella che più si fa luce è la personalità di Francis
Ford Coppola, la sua cultura cinematografica di cui è pregno ogni
singolo fotogramma. Il minaccioso addensarsi iniziale delle nuvole trova
la sua continuità nel fumo e nella nebbia che scivolano insidiosi
nell'incerto vivere delle nuove generazioni (Ejzenstejn); il grande orologio
senza lancette davanti al quale si fronteggiano Rusty, Motocycle Boy e
il truce poliziotto segna emblematicamente lo stagnare del tempo, l'immobilismo
delle situazioni (Polansky, Bergman); le "grate" proiettate dalle
scale sulle pareti delle case hanno il pathos in chiaro-scuro dei drammi
di Elia Kazan, il momento del dolore fisico e la paura della morte si trasfigurano
nell'astrazione della lievitazione-sogno tra i luoghi umani più
cari (Fellini?). Lo scontro con la banda rivale é caratterizzato
da un accavallarsi di immagini contrastate tipico del "rock movie"
(il tema musicale che preme sul film, per esplodere solo sui titoli di
coda, è di Stewart Copeland, batterista dei Police); il montaggio
incalzante, i primi piani caricati e la trasparente profondità di
campo, le inquadrature sghembe e la "camera" inquieta sono momenti
tecnici sublimanti di un'atmosfera esistenziale che rimandano ancora ad
Ejzenstejn ma soprattutto ad Orson Welles (la sospirata fusione del cinema
d'autore europeo ed americano!). ezio leoni Espressione Giovani maggio-giugno1984 |
Soggetto:
dal romanzo omonimo di Susan Eloise Hinton. Sceneggiatura:
Francis Ford Coppola e Susan Hinton. Fotografia:
Stephen S. Burum. Montaggio:
Barry Makin. Musica:
Steward Copeland. Scenografia: Dean
Tavoularis. |
"Un
film deve assomigliare ad un essere umano: nell'irregolaritą e nella sensualitą"
[Francis Ford Coppola]
Quale definizione
per Francis
Ford Coppola
(Detroit - Michigan, 1939)? Forse "transitional director"
(regista della transizione) per la sua concezione alternativa dell'attività
cinematografica nella sua globalità, che lo ha visto uscire dalla
famosa UCLA (University of California Los Angeles), impratichirsi nel
mestiere alla "factory" di Corman (esordisce nel 63 proprio
con un horror: Terrore alla tredicesima ora),
farsi un nome come sceneggiatore (nel 66 con Questa ragazza è
di tutti di Pollack, nel 70 con Patton, generale d'acciaio
che fa man bassa di Oscar)
e come regista sensibile (Non torno a casa
stasera, La conversazione)
e astuto (i due Padrini). Quindi
intraprendere l'attività di produttore con la "American
Zoetrope" nel 70 facendo da "padrino" a John Milius e
George Lucas (THX 1138 e American Graffiti) e con "The
Directors Company" (nel 72, in società con Bogdanovich e
Friedkin), vincere a Cannes prima per la purezza espositiva di La
conversazione (74) poi per la grandiosità nel coniugare a
tutto schermo il binomio merce-ideologia (Apocalypse
now, 79); subire nell'82 il tracollo per l'operazione avanguardistica
mal coordinata di Un sogno lungo un giorno
(gli costa la vendita degli "Hollywood General Studios"
della Zoetrope). E ancora rivelare la sua caparbietà da despota
industriale proprio nei confronti dello stimato Wim Wenders (Hammett:
indagine a Chinatown), per risalire infine di nuovo la china, sempre
in "solitudine alternativa", con l'accoppiata I
ragazzi della 56a strada-Rusty
il selvaggio, due film dell'82-83 simili solo in superficie
tematica ma intesi (secondo la sua antica, proclamata filosofia realizzativa)
il primo come macchina-accumula-denaro, il secondo come autentica espressione
artistica dell'autore cinematografico. C'è il rischio infatti
che nel gigantismo del suo operare vada persa in parte la mirabile figura
del Coppola regista, o meglio director, prima di tutto attento alla
fondatezza contenutistica del soggetto e della sceneggiatura di base
(la sua firma è presente, tranne che per Sulle ali dell'arcobaleno,
nella totalità delle sue opere) e poi maestro nell'organizzare
il complesso filmico al meglio dell'espressività visiva: il suo
secondo lavoro Buttati Bernardo
(66) è una fresca anticipazione delle tematiche giovaniliste
della New Hollywood ed allo strano scivolone del 67 con Sulle
ali dell'arcobaleno (ma non tutto è da buttare in
questa "kitsch-senility" del musica») fa seguire il
toccante Non torno
a casa stasera (69), soavemente profondo nel contatto psicologico
tra Natalie (Shirley Knight) e Killer (James Caan) sullo
sfondo di un'America suburbana fredda di sentimenti e «fradicia
di pioggia» (The Rain People è il titolo originale:
"la gente della pioggia è fatta dipioggia, quando piange,
sparisce"). Girato in esterni, in piena alternatività
alla politica degli studios, vagabondando cinque mesi con la troupe
attraverso gli States, costruito con un grande entusiasmo sulla sincerità
del soggetto, sull'evocaticità del flash-back e sulla forza dei
dettagli, finemente amalgamato grazie alla crescente ed essenziale abilità
nella fase del montaggio, Non torno a casa stasera risulta alfine
un'affascinante road-movie al femminile, nel cui clima rarefatto prendono
corpo i fantasmi del cinema europeo, grande mito di Coppola (Bertolucci
ed Antonioni in particolare), arrivando a plasmare una delle opere più
limpide e genuine del Nuovo Cinema Americano. e.l. Espressione Giovani maggio-giugno1984 |