Rivelazioni
(Disclosure) |
Non è stata certo una rivelazione per nessuno il grande successo del nuovo film tratto dall'ultimo best-seller di Michael Crichton (già "testato" con Jurassic Park). Le carte in gioco erano, anche stavolta, tutte vincenti: un divo-clichet come Michael Douglas (Basic Istinct), la "proposta indecente" Demy Moore, un regista protoprofessionale del calibro di Barry Levinson (Il Migliore, Good Morning Vietnam, Rain Man, Toys), ma soprattutto il plot piccante del romanzo: lui, Tom, è un affermato capo-produzione della DigiCom, in odore di promozione, lei, Meredith, è un'altra dirigente che dalla periferia dell'impero viene richiamata in sede (Seattle) proprio per soffiargli l'ambito posto di vicepresidente. Non solo, forte di una "torrida" relazione della loro giovinezza, Meredith lo adesca nel suo ufficio e prova ad estorcergli un passionale ritorno di fiamma. Tom fatica a resisterle (la sensualità della situazione è davvero infuocata), ma riesce alfine a dar corpo al suo rifiuto. Mal gliene incoglie: la mattina dopo Tom si ritrova un'assurda denuncia per molestie sessuali che sconvolgerà la sua carriera, il suo matrimonio, la sua dignità di uomo. Dai giochi di sesso ai giochi di potere. La reazione, composta e decisa di lui (confortato dalla moglie, assistito da una grintosa avvocatessa) provoca un'ancor più dura reazione dell'azienda che si schiera senza esitazione con la bella Meredith, simbolo di un capitalismo fascinoso e senza scrupoli... Ed è qui, nell'evolversi di una tensione narrativa standardizzata nella retorica dei personaggi, ma avvincente nell'efficacia delle battute e nel ritmo dell'intrigo, che il film decolla come "rivelazione" cinematografica. In un'era che idolatra il profitto e flirta con la tecnologia, Rivelazioni (Disclosure) mette a nudo l'arroganza del potere e l'ipocrisia manageriale, la cattiva coscienza dell'erotismo esasperato e l'ambiguità positivista del progresso informatico e della realtà virtuale. Non siamo certo di fronte al capolavoro ma il teorema filmico di Crichton-Levinson-Attanasio (non sottovalutiamo il contributo dello sceneggiatore, che ha firmato anche l'attesissimo Quiz Show di Robert Redford) ha una sua dignità sia di forma che di contenuti: mentre distrae il nostro sguardo con l'avvolgente scenografia degli uffici della DigiCom e la vertiginosa architettura dei suoi archivi virtuali, il suo scopo è quello di scioccarci, più che con i prodigi del progresso, con l'involuzione dell'etica ("...l'eredità dell'era moderna: tante informazioni, poca verità"). Di fronte alla violazione della privacy dell'erotismo, nella sua enunciazione visiva e verbale, ciò che ci mette a disagio non è tanto la performance "porno" di Meredith e Tom, quanto l'imbarazzo (di cui la moglie è "testimone") della sua rievocazione in sede legale e il fraintendimento, nei rapporti interpersonali, di gesti e parole comuni. Non è lo scandalo di una sessualità sfacciata bensì la protervia di un arrivismo sfrenato, non la provocazione ma la prevaricazione. |
ezio leoni - La Difesa Del Popolo 13 dicembre 1995 |