Lontano dai riflettori come star, Robert Redford
sceglie le stesse qualità di discrezione e anonimato anche come
regista. dall'esordio dietro la macchina da presa nel 1980 con
Gente
comune fino all'odierno
Quiz Show,
la sua messa in scena è di quelle che si nascondono agli occhi del
pubblico e alle esclamazioni dei cinefili. Proprio come insegnava la Hollywood
classica: movimenti di macchina ridotti al minimo, ma non privi di stile
(qui ripropongono nella loro semplicità i "primitivi"
stilemi della televisione anni Cinquanta), grandissima cura nel lavoro
degli attori e sceneggiature "di ferro" a cui affidare quello
che si vuol dire al pubblico. Che qui, nella ricostruzione del primo scandalo
televisivo made in USA, non sono tanto i trucchi della televisione, ma
piuttosto la falsa coscienza di un Paese, la capacità del capitale
di manipolare i miti fondanti della storia nazionale e usare la fiducia
popolare per aumentare i loro guadagni: lo dice esplicitamente la sceneggiatura
(il discorso difensivo del produttore), ma lo suggerisce anche la regia:
per esempio nella prima scena, quando le riprese della banca sono accompagnate
dalle note di Mack the Knife (vi ricordate Brecht?). E il cerchio
si chiude.
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Quando l'America perse la (tele)verginità.
Sul finire degli anni '50 un giovane avvocato riesce a dimostrare che il
telequiz più seguito (Twenty One, quasi un antesignano del
nostro Lascia o raddoppia?) si basa sulla truffa e sull'inganno:
i concorrenti sanno in anticipo le risposte, il gioco è combinato
a tavolino e tutto è studiato esclusivamente per far salire gli
indici d'ascolto. Per l'America è uno shock, ma poi tutto torna
come prima: e la Tv continua a dispensare sogni, inganni, dollari e illusioni.
Girato con uno stile sobrio ma intenso, efficace e coinvolgente sul piano
emotivo,
Quiz Show smonta con cartesiana abilità i meccanismi
di funzionamento del più potente medium post-moderno: la Tv come
finzione della verità, come messinscena del reale. Fra Quinto
potere di Lumet e Dentro
la notizia di Brooks, quasi un'Orgia del
potere mass-mediale: un film bello e civile che denuncia l'inganno di cui
tutti siamo complici da quarant'anni a questa parte. E che chiude con pessimistica
amarezza sui volti beati e plaudenti dei telespettatori che, nonostante
tutto, vogliono comunque i quiz in Tv. Ancora e sempre. Allegria. |