La regola del silenzio
(The Company You Keep)
Robert Redford -
USA
2012
- 2h 5' |
Redford
mantiene a 75 anni la sua aria da ragazzo e la sicurezza di poter
contribuire alla causa liberal con il suo cinema. Non condivide i metodi
degli Weathermen. Ma neanche quelli usati dall'Fbi per neutralizzarli. Tra
fine anni 60 e inizio 70, mentre l'impegno nel sudest asiatico era al
culmine, agì un gruppo rivoluzionario terroristico così denominato.
Ispirandosi al verso di una canzone di Dylan: "Non serve un meteorologo
(weatherman) per capire da che parte tira il vento". Il gruppo
compì attentati dinamitardi in luoghi simbolici. Solo negli anni 80
qualcuno di loro uscì dalla clandestinità e fu preso. (...) Passerella di
'star democratiche', da Susan Sarandon a Julie Christie a Nick Nolte.
Mélange riuscito di denuncia e romanticismo. |
Paolo D'Agostini -
La Repubblica |
Pur
presentandosi sotto una blanda forma di thriller,
La
regola del silenzio
- diretto e interpretato da Robert Redford sulla base del romanzo di Neil
Gordon - è in buona sostanza un viaggio a ritroso nella recente storia
americana che induce a qualche riflessione sul presente. Ne è protagonista
un ex militante dei 'Weather Underground', gruppo clandestino di sinistra
che nell'America degli Anni Sessanta teorizzava sistemi di lotta dura, non
escludendo l'uso di esplosivi: a scopo dimostrativo, è vero, ma con le
armi in mano non si sa mai. (...) Grant (e con lui il film) riapre un
dibattito su quel passato e sull'annoso problema se uno scopo pur nobile
giustifichi una violenza. La risposta è no, ma incarnati da divi del
carisma (e della tempra democratica) di Redford, Sarandon e Nolte, i
protagonisti di quei «giorni di rabbia» rappresentano pur sempre un invito
a continuare a credere e a battersi per la cosa giusta. |
Alessandra Levantesi Kezich -
La Stampa
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La struttura
narrativa della caccia all'uomo, sempre efficace, serve a Redford per due
scopi. Il primo è rievocare, e in qualche misura rivalutare, una stagione
della politica americana in cui tali e tante erano le nefandezze compiute
dal potere che anche una scelta eversiva come quella dei Weathermen
nasceva - Redford dixit - da istanze giuste, per quanto sbagliati fossero
i metodi. D'altronde erano anni in cui l'opposizione radicale prima alla
guerra in Vietnam, poi ai metodi truffaldini di Nixon incrociava tutta la
controcultura - dalla musica rock al cinema off-Hollywood - e si traduceva
in forme di lotta politica alquanto bellicose, dalle Black Panthers in
giù. Non è quel che preme a Redford, ma per noi italiani può essere utile
sottolineare che un eventuale paragone fra i Weathermen e i terroristi
italiani (rossi e neri) è quanto meno incongruo, anche se i fenomeni sono
in parte coevi. Il secondo è comporre una galleria di ritratti di vecchi
ribelli, per la quale si scomodano attori da urlo. (...)
La
regola del silenzio
è un film notevole, non solo per il tema ma anche e soprattutto per la
fattura: Redford è meno bravo, come regista, del poco più anziano Clint
Eastwood, ma come lui persegue ancora un'idea di cinema classico, in cui i
film si prendono i propri tempi, i personaggi sono delineati con cura e il
racconto si dipana senza fronzoli e insensate accelerazioni. Una doppia
lezione: di storia americana, e di recitazione. Grazie Bob, è sempre bello
rivederti. |
Alberto Crespi -
L'Unità |
Erede
del lessico bruciante del '68,
The
Company You Keep
visione di ritorno di un cervello collettivo che ridisegnò il mondo in
ogni latitudine, e che molti hanno archiviato sotto le voci ideologia,
estremismo, idealismo, utopia. Dialoghi da sballo, intrisi dell'umorismo
sarcastico di una «Company» allenata alla ferocia di fine anni '60,
immagini di un'America sinfonica, da Big Sur del beat generation e alle
nebbie nordiche di Mendocino fino al Michigan e alla Flint della General
Motors e di Michael Moore, dove nel 1969 un'ala radicale del movimento si
appropriò della canzone di Bob Dylan,
Subterranenan Homesick Blues, e
rispose all'aggressione (dalla clandestinità) del governo Nixon contro la
Cambogia e i militanti pacifisti, Weathermen, nome di cui le «women»
pretesero il cambio in Weather Underground. (...) Senza un solo fotogramma
in eccesso,
La
regola del silenzio,
testimonia non solo la necessità rivoluzionaria, «ogni tempo ha la sua»,
ma l'integrità del cinema
fiancheggiatore della storia, purezza visiva nella fotografia di Adriano
Goldman su testi di Lem Dobbs, che ha
riadattato il romanzo di Neil Gordon. Musiche punk di Cliff Martinez, ex
batterista della rock band americana dei Red Hot Chili Peppers,
collaboratore abituale di Steven Soderbergh e soprattutto co-autore della
splendida colonna sonora di
Spring Breakers di Harmony Korine. Cinema
classico, vicino allo sguardo del Clint Eastwood
regista (e non
cheerleader di Romney), dietro un se stesso Bob Woodward, il reporter del
Watergate di Pakula, che si incarna nel testardo Ben Shepard, in gara con
l'Fbi per scovare l'ex Weatherman. Il giornalista scandisce il thriller
nell'inseguimento dell'uomo braccato, su e giù per gli States in cerca
degli ex compagni, anche loro mascherati, nuova vita, falso nome... |
Alice Twist -
Il Manifesto |
promo |
Jim Grant è un padre single che svolge la professione di avvocato
di una piccola città. Questa tranquilla condizione di vita, in
realtà, nasconde segreti ben più scottanti riguardo la sua reale
identità: negli anni '70 era un pacifista radicale, militante di
Weather Underground, e sulla sua testa pende l'accusa di omicidio.
I suoi oltre vent'anni di latitanza si concludono bruscamente a
causa del giovane reporter Ben Shepard che svela la sua vera
identità scatenando in tutto il Paese una gigantesca caccia
all'uomo... Il cinema di denuncia per Redford ha il pregio di
rivolgersi con chiarezza a un pubblico trasversale e di mostrare,
senza fronzoli la decadenza del giornalismo attuale.
Pur presentandosi sotto una blanda forma di thriller, il film, è
in buona sostanza un viaggio a ritroso nella recente storia
americana che induce a qualche riflessione sul presente. Grazie
anche alla curiosa "passerella di star democratiche (Susan
Sarandon, Julie Christie, Nick Nolte) ne esce un simpatico mélange
di denuncia e romanticismo. |
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LUX
- gennaio/febbraio 2013
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