Redacted
Brian De Palma  - USA 2007 - 1h 30'


          Venezia 64°
Leone d'argento per la regia


     Nella sua lunga carriera De Palma ci ha abituati ad un cinema in cui l’attenzione dello spettatore viene continuamente spostata dal significato al significante: nei suoi film, come Sorelle, Carrie, Vestito per uccidere, Blow out, Gli intoccabili, Carlito’s way, per citare i più conosciuti, un plot relativamente semplice e riconoscibile in quanto riconducibile ad un genere (horror, noir, gangster movie…) veniva formalizzato in un linguaggio incredibilmente elaborato, colto e composito, che denotava fortemente la matrice “autoriale” delle immagini e dunque la loro artificiosità.
Infatti in una vecchia intervista del ’77 De Palma dichiarava: “…il linguaggio dell’immagine è la mia preoccupazione principale. Cerco, prima di tutto, dei soggetti che mi diano grandi possibilità sul piano visivo. Il mio stile è già abbastanza complesso perché non cerchi la semplicità nello svolgimento del racconto… – aggiungendo poi - …sono contrario a quei tremendi film politici, perché penso che il cinema diventi estremamente didattico da un punto di vista politico e quindi sia una specie di conferenza tenuta alla gente, che è un modo di comunicare più adatto alla televisione…. Il cinema è essenzialmente arte grafica, immagine in movimento e questo la gente dovrebbe trovare sempre nei miei film.”
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In effetti, fino ad oggi, l’unico film di contenuto politico di De Palma, Vittime di guerra (1989), risulta forse il meno riuscito. Con Redacted accolto da lunghi applausi del pubblico alla Mostra del Cinema di Venezia e giustamente premiato con il Leone d’argento per la miglior regia, De Palma, pur rimanendo fedele alla sua idea di cinema, riesce a fare un salto di qualità notevole, non solo rispetto alla sua precedente produzione, ma anche rispetto ai film “impegnati”, che si vogliono porre come atti d’accusa nei confronti della guerra e della politica estera americana.
Ancora una volta il plot è semplificato al massimo: il film racconta la storia vera di uno stupro collettivo di una ragazza di 14 anni, poi uccisa con tutta la sua famiglia, ad opera di cinque soldati americani in una cittadina irachena nei pressi di Samarra. E ancora una volta De Palma lavora non tanto sulla storia, che basta da sola a comunicare tutto il suo orrore, ma sul linguaggio: scegliendo di usare soltanto “immagini di immagini”, costruisce un collage di documenti audiovisivi, in cui si sovrappongono punti di vista molto diversi: riprese amatoriali di un soldato che spera con il suo filmato di essere preso ad una scuola di cinema, un documentario di una troupe francese sulla vita dei soldati nei checkpoint, programmi delle TV locali, videoconferenze dei terroristi con tanto di decapitazione in diretta, messaggi dei familiari affidati a You-Tube, siti web, ecc.; il tutto dichiaratamente finto, ma tragicamente verosimile.
Sono le immagini attraverso le quali noi ci siamo abituati a vedere la guerra “vera” quelle che De Palma ricostruisce, immagini però “redacted”, riedite cioè sottoposte comunque ad un lavoro di ripulitura prima di essere rese pubbliche. Chi sta dietro a ciò che vediamo? Nella realtà i centri di potere politico, nella finzione De Palma stesso, che in questo caso rimane nell’ombra, anzi fa di tutto per non rivelarsi: le informazioni veicolate sono comunque manipolate.
2 Ma De Palma non si limita a denunciare la presunta oggettività delle immagini: quello che rende questo film uno degli atti d’accusa più duri e lucidi non solo contro la guerra in Iraq, ma soprattutto nei confronti della cultura americana delle immagini è che, proprio perché “redacted”, queste immagini servono non tanto a documentare, ma a mostrare, a denunciare. Se c'è una manipolazione in favore del segreto di stato, che tende a nascondere, perché non può essercene una dalla parte dell'integrità, del far vedere?
Se già
Kubrick in Full Metal Jacket ci aveva raccontato come la cultura dell’immagine avesse modificato i comportamenti dei soldati in Vietnam, De Palma ci dimostra come non soltanto la guerra genera immagini, ma che le stesse immagini generano una nuova guerra, in una spirale sempre più tragica e disumana.
Il film si chiude con una serie di fotografie, che ritraggono corpi di civili morti (2400 sono gli iracheni ammazzati nell’ultimo anno ai checkpoint USA); immagini fisse, questa volta autentiche, anche se su di esse sono stati cancellati i volti con un tratto di pennarello nero... In qualche modo quindi anch'esse modificate, seppur per salvaguardare l'identità delle vittime. Il loro scorrere, accompagnato dalle note della Tosca, fa di questo uno dei film politici più tremendamente accusatori che il cinema ci abbia dato.

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Cinemassessanta, n. 113, gennaio 1977

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L'unico intervento palese dell'autore riguarda la colonna sonora affidata, "a segno dell'insostenibile ferocia della vita", secondo De Palma, alle note della Sarabanda di Handel già usate in Barry Lyndon da S. Kubrick, al quale rimandano anche certe carrellate a seguire e a precedere i movimenti dei soldati americani.

Cristina Menegolli - MC magazine 20  settembre 2007

cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2008

PRIMA VISIONE perché la proiezione è saltata?