Il
nome completo sembra un refuso. Il resto è molto peggio. Claireece P.
Jones infatti - P. sta per Precious ed è una crudele ironia - ha 16 anni,
pesa un quintale e mezzo, vive nella Harlem del 1987, possiede un talento
matematico naturale ma è semianalfabeta e aspetta già il secondo figlio.
Da suo padre, che la violenta fin da bambina. Non bastasse, Precious abita
con una madre padrona che se la tiene stretta per non perdere il sussidio
statale e quando non se la infila a sua volta nel letto, per vizio,
solitudine, disperazione, la picchia e la umilia senza pietà («Solo
perché quello ti ha dato più figli che a me ti senti speciale, brutta
troia»?). Anche nel buio più fitto però c'è uno spiraglio di luce. Per
Precious questo spiraglio è la scuola "alternativa" per ragazze difficili
in cui la spedisce una preside lungimirante. Gestita con mano ferma e vera
dedizione da una bellissima nera di pelle chiara (capiremo più tardi che
anche lei porta la sua croce), la scuola è anzitutto una comunità, un
luogo - il primo - che faccia scoprire a Precious non solo il mondo ma se
stessa, ovvero la possibilità di non tenersi tutto dentro ma di
condividere i dettagli più atroci dell'unica vita che conosca, in un
calibrato susseguirsi di rivelazioni che lascia lo spettatore sgomento e
quasi incredulo. Per sopravvivere a tante atrocità la povera Precious,
tutt'altro che ottusa malgrado l'espressione, si rifugia in un campionario
di fantasticherie ingenue e sgargianti come la sua vita oltraggiosa che il
bel film di Lee Daniels visualizza con stile ibrido fino all'eclettismo.
Questo gusto per la contaminazione (di mondi, ambienti, linguaggi: nella
scena più curiosa Precious proietta se stessa e la madre "dentro"
La ciociara di
De Sica) è la chiave di un film che malgrado gli orrori resta libero e mai
ricattatorio. Ed è anche un equivalente visivo della scrittura grezza a
sincopata, da diario di un'illetterata, del romanzo di Sapphire da cui è
tratto il film (Push, 1996, edito in
Italia da Fandango col titolo di Precious).
Curiosamente proprio questa libertà di tono, sconcertante per palati
europei, rischia di essere il tallone d'Achille di un film che invece è
due volte coraggioso. Per lo stile composito con cui dà forma a una
miseria umana insostenibile. E per la franchezza con cui squaderna le tare
meno edificanti di parte della comunità afroamericana. Non a caso negli
Usa i portavoce del più ottuso apartheid al contrario hanno liquidato il
film con argomenti andreottiani: anche nei ghetti i panni sporchi si
lavano in famiglia, di certe cose non si parla.
Precious
ne parla eccome, con stile efficace proprio perché sempre eccessivo, fuori
luogo, fuori misura. Come la sua tenera e inquietante eroina (la
debuttante Gabourey Sidibé, un portento). Un personaggio così estremo e
ben tratteggiato da non lasciarsi mai ridurre a "caso", né arruolare sotto
nessuna bandiera. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
...Per
quanto le lacrime a fiumi, la disperazione inconsolabile, le atmosfere
sature d'odio e la malvagità, senza se e senza ma,
occupino un posto
importante nella storia dell'opera lirica, della letteratura e del
melodramma cinematografico, c'è un limite oltre il quale i conti artistici
non tornano. Come ha sostenuto più volte nel suo stile brillante e
provocatorio Alberto Arbasino, le «appagate nefandezze» tendono spesso a
blandire la morbosità del pubblico e più ancora il piacere
sadomasochistico di autori decadenti e furbissimi, finendo per
trasformarsi paradossalmente in stereotipi che scaricano la coscienza. Il
massimo rispetto, per carità, va alla feroce volontà d'auto-determinazione
dell'eroina. Ma non sarà un caso che la bruttezza, l'abiezione, la
malattia, diciamo pure la sfiga cosmica a cui pagano un prezzo indicibile
i personaggi cattivi vengano didascalicamente «riequilibrate»
dall'esemplare soavità di quelli buoni (Lenny Kravitz l'infermiere angelo
custode e Mariah Carey la psicologa comprensiva) oppure da apostrofi
audiovisive pacchiane come un volo di colombi o un liberatorio coro di
gospel. |
Valerio Caprara - Il
Mattino |
promo |
Claireece
Precious Jones, una teenager di Harlem obesa e proveniente da una
famiglia estremamente disagiata, rimane incinta per la seconda
volta e viene invitata in una scuola speciale nella speranza che
la sua vita possa finalmente prendere una svolta positiva.
Senza ipocrisia, senza moralismo, senza censure da “politicamente
corretto”, come del resto aveva già fatto Sapphire, autrice del
libro omonimo da cui il film è tratto. E per riuscirci Daniels fa
forza su un cast meraviglioso. In testa, Gabourey Sidibe,
naturalmente, prigioniera lei stessa di un quartiere analogo (Brooklyn)
e di un corpo non propriamente benevolo. E poi Mo'Nique (premiata
con l'oscar), Lenny Kravitz, Mariah Carey e Oprah Winfrey (in
veste di produttrice), che non hanno certo voluto mancare alla più
obamiana delle pellicole recenti. |
|
LUX
- dicembre 2010
|
|