"Ecco io
preferisco uomini brillanti ed estrosi anche se un po' mascalzoni, a
uomini grigi, noiosi, ma onesti..."
La dichiarazione del ministro Botero (Nanni Moretti) in
Il portaborse,
sigilla brillantemente l'assunto politico-provocatorio dell'ultimo film
di Daniele Luchetti ed esplicita in poche parole il dilemma morale con
cui deve confrontarsi il protagonista Luciano Sandulli (Silvio Orlando),
professore di
liceo amato e stimato dai suoi alunni, quando, proprio per le sue doti
di acuto ed elegante letterato, viene ingaggiato nello staff del ministro
come gosth-writer, alias collaboratore, consigliere, uomo-uffico
stampa (il termine portaborse, così efficace come titolo,
in realtà non è del tutto calzante).
L'esperienza è dapprima inebriante, finchè il fascino dell'autorità
e dei privilegi riuscono a distogliere la sua attenzione dall'ambiguità
e dalla grettezza di cui si nutre quel mondo politico, dagli intrighi,
dai brogli, dall'arroganza malsana che calpesta ideali e persone...
Lineare e "liberatorio"
Il portaborse trova il suo feeling
con il pubblico nella voglia comune di esternare il malumore sociale, di
raccontare a chiare lettere la spregiudicatezza,il cinismo emergenti nella
politica italiana, giocando più sulle emozioni individuali, sulle
iperboli narrative, piuttosto che su un rettilineo, documentato bagaglio
di denunce. La carta vincente è tutta nel contrasto tra il lucido
arrivismo di Botero e la disarmante ingenuità del suo nuovo collaboratore:
nell'economia del racconto sono forse più illuminanti alcuni squarci
scolastici, ruvidamente nuovi per lo schermo, piuttosto che gli sberleffi
alla classe politica da sempre noti, ma ora finalmente evidenziati.
E il pregio strutturale della pellicola è proprio nella coerenza
tra stile e tematica: bisogna non lasciarsi influenzare dalla invadente
presenza di Nanni Moretti (attore e produttore),
Il portaborse è
un film di Daniele Luchetti
, fresco e ritmato, quasi banale in certi passaggi
(ricordate La settimana della Sfinge?),
ma sorretto da una sceneggiatura compiuta (Rulli e Petraglia!) e da un
spontaneità tout court perfettamente in sintonia con la personalità
del suo protagonista.
Lontano dalla complessa intellettualità del suo cinema Nanni Moretti,
riporta qui la sua aura di protagonista estremo, riconfigura la sua identità
d'interprete per un nostro ulteriore coinvolgimento emotivo: "Il
ministro è una figura che potevo interpretare proprio perchè
è un personaggio pubblico come lo sono io. Fin dall'inizio, in questo
modo, il gioco risulta più ambiguo. Il pubblico ricorda i personaggi
che ho interpretato nei miei film, fatica a liberarsi da quella memoria.
E cade nella stessa trappola in cui scivola, senza accorgersene, il portaborse,
affascinato all'inizio dall'efficacia dell'uomo politico".
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