Il bello è che il film alterna e mescola con libertà le due epoche in un unico flusso, strappando non di rado emozioni inaspettate (bello in particolare il rapporto della Seyfried con la bambina). Cast eccellente, regia attenta, controllata, meno enfatica del solito. Un bel progresso per Muccino, di nuovo in forma dopo l'ultima prova. Anche se il film non si libera mai del tutto di quella patina di convenzione che spesso è il pedaggio di queste storie 'scritte' fino all'ultima virgola. E di cast così gonfi di star. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
I padri occupano da sempre un ruolo speciale nel cinema di Gabriele Muccino. Padri che non hanno ancora visto nascere la propria creatura e già vengono meno alle responsabilità ('L'ultimo bacio'), padri per i quali non è mai troppo tardi rifarsi una nuova vita ('Ricordati di me'), padri separati ma decisi a prendersi comunque cura dei propri figli ('La ricerca della felicità') e a difendere il proprio ruolo nell'ambito di famiglie più allargate ('Quello che so sull'amore'). (...) Che il regista ormai di casa oltreoceano creda davvero ai sentimenti messi in campo in questa nuova avventura cinematografica, è chiaro per tutti coloro che vedranno il film. Passione e onestà sono evidenti in 'Padri e figlie' anche dove la struttura del film orchestra emozioni secondo canoni ben precisi e noti. Questa dolorosa storia d'amore e crescita, abbandono riscatto, malattia e guarigione rappresenta al momento la 'summa' del cinema di Muccino, che qui si fa più pacato e riflessivo, più maturo e adulto, capace di uno sguardo più lucido verso quei meccanismi della vita e dell'essere umano che film dopo film non smettono mai di incantarci. |
Alessandra De Luca - Avvenire |
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Noha, Jake è un romanziere di successo rimasto vedovo in seguito a un grave incidente, che si trova a dover crescere da solo l'amatissima figlia Katie, a fare i conti con i sintomi di un serio disturbo mentale e con la sua altalenante ispirazione. Ventisette anni dopo, Katie è una splendida ragazza che vive a New York: da anni lontana dal padre, combatte i demoni della sua infanzia tormentata e la sua incapacità di abbandonarsi ad una storia d'amore. Il mélo secondo Muccino ha sempre la propensione all'iperbole, ignorando i toni o i mezzitoni a cui ci abitua il cinema italiano, ma in questa nuova avventura americana il tocco si fa più sobrio, e la regia, di nuovo inventiva e spedita, trova una morbida vena intimistica più congeniale; Crowe conferisce spessore e sensibilità al suo vulnerato protagonista, la Seyfried dimostra buona maturità a giocare sulle corde drammatiche. |
LUX
- ottobre 2015 |