Mumford |
da Film Tv (Aldo Fittante)
Nove
film diretti in quasi vent'anni, di cui sette anche scritti: torna, dopo un
lungo lustro di silenzio, uno degli autori moderni più sottovalutati, Lawrence
Kasdan, il creatore del personaggio di Indiana Jones, del mitico e dimenticato
Chiamami Aquila (l'ultima pellicola interpretata
da John Belushi). Praticamente non considerato (più) negli Stati Uniti, e pallidamente
difeso nella Vecchia Europa (Orso d'oro a Berlino '92 per Grand
Canyon), Kasdan, escluse le sue peregrinazioni nel western, ha sempre
narrato storie contemporanee, con al centro i tremiti "caldi" e "freddi"
della sua generazione (i cinquantenni di oggi), smarrita e perplessa, anche
se colta e raffinata (ha fatto il '68), pur se capace di integrarsi a meraviglia
nel cuore della società nuclearizzata e globalizzata (i suoi personaggi sono
- economicamente - dei "vincenti" e fanno lavori mai alienanti). Lo
psicologo Mumford è uno di loro, e il film un Grande
freddo meno amaro e più affettuoso. In una piccola città con
il nome del titolo e del protagonista, alcune persone si rivolgono al nuovo
analista e ne sono empaticamente coinvolte. Kasdan si diverte a prendere in
giro la psicanalisi, ma lo fa con rispetto e pudore, amando - com'è sua abitudine
- i suoi "interlocutori". Perché, come si sente dire, "tutti
hanno il diritto di avere una seconda possibilità". Un'opera semplice
ma articolatissima, da "segue dibattito". Attori in magica luce, sotto
la direzione di un regista-sceneggiatore che scrive i dialoghi come pochi. "Per
affrontare un medico bisogna rimettersi un po' in salute", diceva il poeta
Franco Fortini. Ecco perché Kasdan concentra i suoi sforzi sulla guarigione
dei suoi "clienti".
da Il Manifesto (Mariuccia Ciotta)
Mumford
è un impostore? Dispensa consigli preziosi, ma ha certi metodi così poco ortodossi...
È una specie di Cupido, forma coppie, ne disfa altre infelici. È come uno sceneggiatore
che cambia il copione, un Orson Welles
che fa del falso il vero, F for fake, o
un Frank Capra che manda angeli in provincia per salvare gli uomini da stessi.
Un angelo contraffattore, caduto dal paradiso per eccesso di allucinazioni.
Cocaina per l'esattezza. I suoi flash-back sparati in bianco e nero sul color
pastello di Mumford sono un altro film. Visioni sintetiche, come la "donna
ideale" che Skip, il genio dei computer, sta montando segretamente in laboratorio,
un po' meccanica un po' digitale (come la protagonista del prossimo film di
Soderbergh). Ma la "bambola" non può competere con la barista Lily
(Alfre Woodard, Crooklyn di Spike Lee) perché tutta Mumford è un grande
effetto speciale, una valle di Shangri-La, dove Kasdan come Capra invita tutti
a vivere per sempre giovani per sempre belli.
cinema invisibile cinema Torresino febbraio-aprile 2001