La memoria dell'acqua
(El botón de nácar) |
miglior sceneggiatura - BERLINO 65° |
C'č un regista capace di collegare nei suoi film l'acqua e le stelle, l'uomo e il cosmo, un bottone di madreperla e il genocidio di un popolo, il mistero dell'esistenza umana e gli onori di un passato non ancora elaborato, le esperienze personali e la storia di una nazione, il particolare e l'universale. Suggestioni apparentemente assai distanti ma unite in realtŕ da legami misteriosi e segreti. Si chiama Patricio Guzmán (...) e riesce a coniugare documentario e poesia come nessun altro. (...) Il regista ci racconta la storia vera di Jemmy Button, un indigeno portato in Inghilterra nell'Ottocento per essere 'civilizzato'. L'uomo viaggiň mille anni nel futuro per poi tomare indietro. Dopo un anno infatti fu riportato in Patagonia, si spogliň dei suoi abiti, ma non tornň mai piů a essere quello di prima, esule tra la sua stessa gente. Aveva accettato di seguire gli inglesi in cambio di un bottone di madreperla (da qui il suo nome, Button), un piccolo oggetto che ci riporta a un altro massacro, quello perpetuato da Pinochet (...). La memoria č dunque per Guzmán, arrestato e rinchiuso nello stadio di Santiago nel 1973, l'unico strumento per affrontare finalmente il passato e guardare al futuro in un paese dove solo uno dei suoi quattordici documenta ha trovato spazio in tv, di notte.. |
Alessandra De Luca - Avvenire |
Il cielo terso del Cile, frugato da telescopi potentissimi, e le acque ancora piů trasparenti di quelle isole alla fine del mondo. E poi voci, volti, storie, rimorsi. Non solo dell'800 ma di fine '900, quando il Cile democratico di Allende diventň la dittatura feroce di Pinochet. Una piaga sempre aperta che il regista rievoca frugando tra i ricordi o cercando sopravvissuti e testimonianze, ma fuori da ogni codice del cinema di inchiesta. Perché La memoria dell'acqua (...), non č solo un documentario lirico e travolgente. Č un poema cosmico per immagini e parole (...) film semplicemente unico. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
promo Un bottone di
madreperla incrostato nella ruggine di una rotaia in fondo al mare: č una
traccia dei desaparecidos di Villa Grimaldi a Santiago, il grande centro
cileno di detenzione e tortura sotto la dittatura di Pinochet. Un fiume
che scorre e il tintinnio delle cascate: č la canzone dell'acqua alla base
della cultura dei Selknams, popolazione nativa sudamericana trucidata dai
colonizzatori. Due massacri, e la memoria dell'acqua: sono le chiavi
narrative per raccontare la storia di un Paese e delle sue ferite ancora
aperte, per percorrere il Cile e la sua bellezza, il Cile e la sua
violenza. Guzmán si fa trovare dalla poesia con la cinepresa in mano, non
la chiama, ma ci porta con le sue immagini lontanissimi e vicinissimi nel
tempo; ne esce un film di straordinaria potenza audio-visiva, da gustare e
mantenere nel cuore e nella mente come un dono prezioso.
LUX
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maggio 2016 |