Leone d'oro - Venezia 66
Esiste
una dimensione affettiva precipua e costante caratterizzata dalla
presenza onnivora e dissacrante dei ricordi, declinati a un tempo
presente, già trascorso, ma impossibilitato a concludersi e a far
parte dell’unione indistinta dell’esperienza di vita di un uomo. I
ricordi - come certo cinema è stato abilmente capace di descrivere -
sono un terreno friabile e madido di conflitti, nel quale affonda la
sonda dell’interpretazione, dell’immaginazione, della definizione
sottesa alla ricerca di una elaborazione mediante la quale, questa
materia, privata e defraudante, si distolga da sé e acquisti una
valenza narrativa e cognitiva di carattere universale.
In questo
modo l’esperienza della guerra consumata nello schermo diviene la
condivisione di quel reale traumatico del passato che si riverbera nel
presente, escludendo così - in una scelta sagace quanto riuscita -
qualsiasi discussione o presa di posizione politica, e allo stesso
tempo ogni spiegazione, ogni residuo di logica o razionalità, ogni
informazione o dialogo pedantesco; perché così come in guerra per i
soldati, per noi al cinema esistono solo la purezza angosciate delle
immagini e dei suoni generatrici di vita, e dunque di morte. Ogni
ordinamento ragionevole della narrazione è in realtà costituito dalla
brutale umanità dei sentimenti dei giovani soldati (il disagio, lo
spavento, la speranza, l’obbligo, la colpa) chiusi dentro un corpo di
ferro vitale e mostruoso affamato di carne umana. Lo spettatore stesso
si trova digerito assieme ai militari dai congegni della macchina: non
c’è respiro né alcuna via di fuga una volta dentro a quell’involucro
pulsante e grondante il suo lurido sangue vischioso, il suo occhio
meccanico è l’unico dispositivo capace di catturare la realtà esterna,
che giunge filtrata da una specie di differita a cui è soggetta la
visione attraverso il meccanismo ottico. Il risultato è la sensazione
di panico che si diffonde irregolarmente, il mirino scorge i dettagli
della distruzione e della fine mentre la percezione uditiva li coglie
lontani; altri. |
Alessandro Tognolo - MCmagazine 27 (ottobre 2009) |
promo |
Guerra in Libano '82. L'inferno buio della guerra vissuto, claustrofobico, all'interno della «pancia» del carro armato dove sono asserragliati quattro militari israeliani. Un taglio stilistico originale e sconvolgente quello che propone al pubblico Samuel Maoz, laceranti ferite anche morali quelle che imprime nei suoi protagonisti: occhio nel mirino, sperduti nel buio, rimossi e contagi arrivano intatti, la realtà fuori non esiste più. Straordinaria sofferta opera «prima», un Leone d'oro inconfutabile. |
TORRESINO
- novembre 2009 |
cineforum ANTONIANUM/The Last Tycoon 2010-2011 |