Eastwood
laughs!
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Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera
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E alla fine arriva il (finto) musical. L'84enne Clint Eastwood avrebbe voluto dedicarsi alla quarta versione di È nata una stella, ma poi ha 'ripiegato' su Jersey Boys, dallo spettacolo di Broadway: protagonisti, i Four Seasons, poi Frankie Valli (John Lloyd Young) & The Four Seasons, un quartetto rock-pop-doowop di ragazzi italoamericani che nei 60 seppe conquistare cuori e classifiche (...): Eastwood li segue, ibridando la canaglia nostalgia con la ricerca dei valori perduti, alias solidarietà e fratellanza. Il solito Clint che malgrado tutto non ha abdicato all'American Dream: autocitazioni, Joe Pesci (sì, anche lui) e backstage di invidie, gelosie e imbrogli per il lato umano dello showbiz. |
Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano |
...Jersey Boys è l'opposto di The Wolf of Wall Street. Se Scorsese racconta e in certo modo celebra la rapacità, gli 'animal instincts', l'arte della truffa, Eastwood canta l'amicizia, la lealtà, il senso di comunità, insomma i vecchi valori. Con accenti molto convincenti proprio perché sa dal primo momento che quei valori verranno calpestati. Qualcuno lo troverà facile e nostalgico, invece è acuto e molto personale (in una scena, su un televisore, fa ironicamente capolino il giovane Clint in Rawhide. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
...Certo, Eastwood non si sarebbe probabilmente sentito così libero di giocare con gli stereotipi (...) se la musica raccontata fosse stata quella che più ama, dal jazz al country al blues. Quando li aveva affrontati in passato (in film come Bird, Hankytonk Man o Piano Blues) il tono era stato ben diverso, più «vero» ed «emotivo». Qui il fatto di partire da un musical per la scena (Jersey Boys di Marshall Brickman e Rick Dice, da cui riprende alcuni dei protagonisti originali, come John Lloyd Young, Erich Bergen o Erica Piccininni, che interpreta la giornalista che fa perdere la testa a Frankie...) ha favorito in Eastwood soprattutto il gusto dello scherzo e dell'ironia. E di un piccolo sberleffo finale: dirigere un musical dove la prima scena davvero coreografata con balli e canti arriva solo sui titoli di coda. |
Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera
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Che il legame di Clint Eastwood con la musica sia forte e profondo è noto, avendo egli stesso composto le colonne sonore di alcune sue pellicole e avendone girate due dedicate al jazz: il documentario The Piano Blues e il biopic di Charlie Bird Parker. Tuttavia, sulla carta, Jersey Boys sembrava condurre il nostro in una terra straniera. Intanto il film si basa su un musical, vincitore nel 2006 di sei Tony Awards, genere che non si direbbe congeniale all'ex ispettore Callaghan; in secondo luogo, il sound del gruppo protagonista «The Four Seasons» ha poco a che vedere con il West Coast Jazz tanto caro a Clint. Eppure Jersey Boys rappresenta una vera riuscita: vedendolo si capisce quanto il rock sia debitore del gospel e del blues; e Eastwood ha mano felicissima nel delineare il quadro d'epoca, ovvero lo spaccato italo-americano anni '50 di Newark, con il suo ambiente piccolo borghese di onesti lavoratori da un lato e l'irrinunciabile patrocinio di un padrino dall'altro. In spirito di aderenza al musical originario (...), il film ripercorre gli alti e bassi fra carriera e privato (...) affidandosi per il racconto alle spesso discordanti versioni dei protagonisti. Con tranquilla sicurezza, Eastwood impagina lo spettacolo sul filo di deliziosi numeri musicali in una fotografia virata su toni ocra-marroni e senza mai fargli perdere, neppure nelle scene in esterni, il tono stilizzato. Ben assecondato da un cast che in buona parte è quello teatrale, a partire dall'ottimo Valli/John Lloyd Young; mentre DeVito è impersonato da Vincent Piazza, il Lucky Luciano dello scorsesiana serie tv Boardwalk Empire, e il mafioso Gyp DeCarlo da un indovinato Christopher Walken. Oggi che la musica pre-invasione Beatles dei Four Season potrebbe apparire datata, l'intelligenza di Eastwood è di riproporla in un registro di affettuosa nostalgia, enfatizzando gli aspetti umani e valorizzando la raffinatezza degli arrangiamenti dietro l'apparenza di semplicità. Con un pizzico di ironia, ritmo e un'incantevole freschezza. |
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa |
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La vera storia di Frankie Valli and The Four Seasons, ovvero Frankie Valli, Bob Gaudio, Tommy DeVito e Nick Massi: l'ascesa di un gruppo di ragazzi che provengono dalla parte sbagliata del New Jersey e che, partendo da umili origini, seppero diventare uno dei più grandi fenomeni della pop music americana di ogni tempo, con 175 milioni di dischi venduti nel mondo prima di compiere i 30 anni. Se Scorsese in The Wolf of Wall Street racconta e in certo modo celebra la rapacità, l'arte della truffa, Eastwood canta l'amicizia, la lealtà, il senso di comunità, insomma i vecchi valori. Con accenti molto convincenti proprio perché sa dal primo momento che quei valori verranno calpestati. Potrebbe sembrare facile e nostalgico, invece è acuto e molto personale. |