da Duel (Marco Lombardi) |
Le identità culturali, quali grandi (anche inutili?) illusioni (anche "imbrogli"?). Nonostante l'argomento sia molto di moda - soprattutto in Italia, e da diverso tempo - il cinema di casa nostra non se ne è occupato poi così tanto, soprattutto in maniera ironicamente diretta (sono invece molti i film "cartolina" sul tema, soprattutto Nord versus Sud, e viceversa). Incantesimo napoletano ha innanzitutto questo di buono, un soggetto che ti pone uno spunto di riflessione in maniera quasi invisibile; se la struttura (apparente) è quella della commedia comica all'italiana (della tradizione), il registro (vero) del film è quello surreale, che riesce a portare a galla i problemi perché li va a prendere dal fondo della mente (collettiva). Come si potrebbe infatti inquadrare la storia di una bambina piccola che sfoggia una lingua e un accento non propri, cioè opposti rispetto al proprio ambito familiar/culturale d'appartenenza? Tutti gli elementi filmici corrono lungo questo (ironico) filo di surrealtà fattosi commedia: le buone interpretazioni di Marina Gonfaloni e Gianni Ferreri, le musiche (di Enzo Avitabile: decisamente molto contaminate), pure la fotografia di Andrea Locatelli, che ritrae la Napoli dei vicoli (cioè del "cuore collettivo") e non quella dei monumenti (cioè della "retorica"): tant'è che c'è pure una scena importante girata col cielo nuvoloso (non è questa forse una forma di "surrealtà partenopea"?). È per questo che la denuncia di un Sud che sta diventando succursale (mentale) del Nord risulta "digeribile" per lo spettatore (indigesta è invece, per la piccola "peste" del film, la pastiera napoletana: scandalo...): a prevalere sono infatti le immagini, il sogno (l'incubo?), il cinema... |
TORRESINO marzo 2002