Le iene - Cani da rapina (Reservoir Dogs)
Quentin Tarantino
- USA 1992 - 1h 39'

   Debutto alla grande, quello di Quentin Tarantino con Le iene - Cani da rapina. Certo, il genere (gangster hard) magari può non essere il prediletto dello spettatore. Certo, la violenza costringe le anime sensibili, o semplicemente quelle ingenue che ancora si lasciano ingannare dai trucchi del cinema, a chiudere spesso gli occhi. Certo si grida e si parla male, malissimo. Ma ancora una volta il mitico Monte Hellman, che ha prodotto il film quando ormai da cinque anni Tarantino tentava invano di mettere insieme il suo progetto, ha individuato un talento autentico: molto furbo, molto elegante (sotto il diluvio di sangue e di ferocia), abile, controllato.
Che Tarantino
film successivo in archivio sia un sofisticato cinefilo, oltre che un regista capace, lo racconta anche la genesi del film, che si ispira, a trentacinque anni di distanza, a Rapina a mano armata di Kubrick. Fidiamoci di quello che dice Tarantino. Di fatto la parentela si ferma alla cronaca di una rapina fallita. Nella versione Tarantino, la ricostruzione del disastro - la polizia ha colto i cinque componenti della banda all’uscita della gioielleria, un uomo manca all’appello, un altro è ferito a morte, forse tra loro c’è un infiltrato - e affidata ai superstiti nascosti in un deposito vuoto in attesa che arrivi il boss che li ha incaricati del colpo.
Per volontà del boss - che è l’ex Dillinger 1945 Lawrence Tierney - gli uomini della banda non si conoscono bene, hanno agito insieme da perfetti sconosciuti, ciascuno è al corrente solo di una parte della verità, ciascuno ha un nome in codice: si chiamano come i colori, Mr White o Mr Pink, e per assegnarsi i nomi hanno litigato come bambini, così come hanno litigato, mentre prendono il caffè prima del colpo, sulla filosofia delle mance: bisogna o non bisogna darle?
La violenza iperrealistica con cui Tarantino descrive lo scontro tra i personaggi, che per buona parte del film si muovono tra le quattro pareti del deposito come su una scena teatrale, è interrotta solo dai flashback all’humour nero che raccontano come la banda è stata assemblata. E il contrasto tra il dopo e il prima, tra gli orrori da teatro elisabettiano che si scatenano a tempo di musica rock anni settanta dentro il deposito, e la comica, iattante stupidità dei gangster prima dell’azione, tra lo sfoggio esibizionistico della violenza e la pochezza intellettuale di chi la esercita, è un gioco metà “didattico” metà viscerale. Ma nonostante la sua ferocia, tanto eccessiva da essere a momenti insopportabile, Le iene è soprattutto un esercizio di bravura e un progetto di stile antinaturalistico, sia nella scrittura della sceneggiatura sia in quella cinematografica.
A collegare ironicamente questi “bravi ragazzi” con il mondo naturalistico di Scorsese c’è Harvey Keitel. Tim Roth è l’infiltrato. Steve Buscemi è il verboso teorico antimance. E un lavoro straordinario ha fatto l’operatore Andrzej Sekula, appena arrivato dalla Polonia, debuttante nel lungometraggio, che si muove con grande eleganza tra orecchie mozzate, bagni di sangue e conversazioni demenziali.

Irene Bignardi - La Repubblica

promo

La rapina è andata male. Nel magazzino abbandonato arrivano uno a uno i membri della banda e si capisce subito che qualcuno ha parlato. E in quel magazzino, in una personalissima unità di tempo e luogo, l'esordiente Tarantino sembra lasciare i suoi personaggi a ruota libera: tutti parlano troppo, discutono troppo, si puntano le pistole in faccia quasi senza motivo. Geniale sceneggiatura, grandi attori per un poliziesco-noir che sprizza tensione dall'inizio alla fine.

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2010