Quello
di
Paskaljevic è un cinema vibrante e aspro (ricordate
La polveriera?) e l'ansia che sigilla il finale di
Honeymoons
sembrerebbe non lasciare spazio ad un ottimismo europacentrico.
In scena due giovani coppie, albanese l'una, serba l'altra. La prima,
Nick e Maylinda hanno alle spalle la tragedia del fratello di lui,
fidanzato di Maylinda, disperso da te anni e probabilmente morto in
mare. Il loro viaggio verso l'Italia è l'occasione per confrontarsi
con un amore fin lì soffocato dalle
aspettative dei genitori che non vogliono accettare la cruda realtà
della perdita del figlio. Marko e Vera si sono sposati da poco, di
nascosto, senza feste di famiglia e l'ostilità del padre di lei verso
la loro unione nasce proprio dell'umiliazione di non avere i mezzi per
un sontuoso sposalizio, all'altezza di quello allestito dall'odiato
fratello che coglie l'evento nuziale per esibire la propria ricchezza
e il proprio potere politico. Faide familiari, insoddisfazioni
profonde e "datate" e, sullo sfondo, le tensioni internazionali che,
nella esplosiva cornice balcanica, fanno perno sul "pericolo Kossovo",
un riferimento geografico capace di mettere in allarme la polizia di
tutta Europa.
Marko e Vera che partono per raggiungere l'Austria dove lui,
musicista, ha un appuntamento con l'orchestra di Vienna trovano un
intoppo al confine ungherese proprio per un visto di transito sul
passaporto che lega Marko al Kossovo e un'analoga imbarazzante
"pericolosità" verrà individuata dalla polizia portuale italiana
all'arrivo di Nick e Maylinda.
Lo "scalo" sembra restare un miraggio, ma lo sguardo di Paskaljevic è
più caustico che senza speranza. See i padri restano ancorati ad un
acre immobilismo culturale, le nuove generazioni osano muoversi,
sfidare il destino avverso, familiare e politico. Il processo
migratorio non è certo esente da preconcetti e razzismi diffusi, ma
l'integrazione è ormai cominciata.
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