Non
č poi cosė dirompente come ci si aspettava il successo della coppia Benigni-Hercules. Il ridimensionamento
al botteghino è relativo soprattutto al 35° titolo di casa Disney
(giusto a sessant'anni da Biancaneve e i sette nani, primo lungometraggio
della serie) che sembra non incontrare del tutto il gradimento del pubblico.
In effetti Hercules è leggermente spiazzante rispetto alla
collaudata formula disneyana poiché mette in scena una storiella
mitico-eroica avventata (nel riferimento mitologico) e leziosa, persino
nello stile. L'avventura è quella di Hercules, figlio di Zeus e
Giunone (!?), ridotto alla condizione umana dal perfido Ade che non lo
vuole tra i piedi mentre architetta le proprie cospirazioni per usurpare
l'Olimpo. Anche da uomo però Hercules ha modo di dimostrare tutto
il suo valore, spinto dal desiderio di affermarsi come grande eroe e di
riprendere così il proprio posto nel regno degli Dei.
Il
fatidico scontro con Ade ha come comprimari i bizzarri trasformismi dei
suoi valletti, Pena e Panico, e le infide grazie della sinuosa Megara e,
nel faccia a faccia tra la sconquassante vitalità dell'eroe e la
cupa potenza del signore degli Inferi, ciò che alla fine viene messo
alla prova è il valore "luminoso" della forza del cuore,
contrapposto ai mortiferi raggiri del cattivo di turno.
Affidato all'estro vitale della coppia Musker e Clements
(Basil l'investigatopo,
La sirenetta,
Aladdin) Hercules ha momenti memorabili
(il funambolico scontro con l'Idra, la sequenza dell'Olimpo messo in cattività)
ed è certo eclatante la trovata scenografico-narrativa di contrappuntare
il tutto con le esibizioni musicali di un coro di blue-belle (che fanno
da raccordo tra i vari episodi del racconto e si immortalano con essi quali
istoriazioni di antico vasellame), ma l'insieme ha un non-so-che di retorico
e vanesio che non sempre convince i bambini e talvolta infastidisce gli
adulti. Gli arzigogoli del tratto (dai profili "greci" tagliati
a squadra a quella vezzosa "virgola" sul mento - e sul gomito
- del protagonista), la cornice trionfalistica dell'insieme e il gioco
caricaturale delle caratterizzazioni enfatizzano la messinscena ma non
emanano quel dolce, suadente fascino a cui ci aveva abituato il tocco morbido
del disegno e dell'ispirazione di papà Disney. Forse anche per la
casa di Burbank, dopo la parentesi sbarazzina di
Aladdin
e l'omogeneizzazione del target acquisita con
Il
Gobbo (un successo tanto tra i piccoli che tra gli adulti) è
ora di ridefinire progettualità e stilemi. In fondo Hercules
è un piacevole, istrionico cartoon da riapprezzare in videocassetta,
ma resta, più forte del solito, la nostalgia da grande schermo per
i soliti intramontabili classici.
e.l.
La
Difesa del Popolo - 1 gennaio 1998
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