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VENEZIA 71° - Premio Fipresci |
Gradualmente ma nettamente
(...) il film si distacca dai confronti con opere (anche se la sensibilità
truffautiana resta) riferite a realtà e/o leggende del passato lontano, e
dal loro sguardo pedagogico, filosofico, antropologico, perché la vicenda
s'intreccia, con mirabile fluidità, alla contemporaneità storica. La
disintegrazione della Jugoslavia, le guerre, la divisione e la ferocia
etnica. (...) Alcuni dettagli simbolici parlano al posto delle
spiegazioni: le scarpe, quelle da ginnastica sostituite con gli anfibi, la
comparsa delle armi e della reciprocità di odio tra persone che appena
poco prima convivevano. Il senso, che passa appunto attraverso una
rappresentazione quasi muta e tutta condivisa con il punto di vista
selvaggio e innocente del protagonista, è quello di un percorso che al
piccolo Haris ha tolto più che dato. Si è parlato di 'purezza' per questo
film e la definizione è calzante. La condivisione di punto di vista si
esprime delicatamente nei tagli di inquadratura all'altezza, variabile nel
corso della storia, dello sguardo di Haris, facendo propri tanto la sua
diffidenza che i suoi incantamenti. L'interprete, che si chiama Denis
Muric, fornisce una prova di grande intensità. |
Paolo d'Agostini - La Repubblica |
...il regista e sceneggiatore di Belgrado, classe 1975, sa infondere in una storia individuale, e così idiosincratica, i cascami sociali del conflitto nell'ex Jugoslavia. E lo fa senza sforzi, bensì umanisticamente, contrapponendo l'umanità delle bestie alla bestialità degli uomini. Non scomodiamo II ragazzo selvaggio di Truffaut o un Libro della giungla balcanizzato, ma non si fa dimenticare: guerra e pace, romanzo di formazione e favola morale, dramma privato e ricadute geopolitiche, stile già maturo e metafore non peregrine, Figlio di nessuno non cerca (solo) il sensazionalismo, ma la sensibilità. La nostra: lo adottiamo? |
Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano |
Bosnia, 1988. Un gruppo
di cacciatori trova nel bosco un bambino cresciuto in mezzo ai lupi, dei
quali ha adottato le sembianze e lo stile di vita: non parla, non cammina,
ringhia e morde chiunque lo avvicini. Il bambino, chiamato Haris, viene
spedito in un orfanotrofio di Belgrado, dove inizialmente rifiuta ogni
contatto e ogni forma di educazione, poi, grazie alla presenza di un
assistente sociale e all'amicizia con Zika, un ragazzo più grande, esce
gradualmente dallo stato animale per ricongiungersi con la propria natura
umana. Ma il percorso di umanizzazione del bambino non è necessariamente
evolutivo, né garantisce ad Haris una vita migliore di quella vissuta in
mezzo ai lupi. |
Paola Casella - mymovies.it |
promo |
Nella primavera del 1988, fra le montagne della Bosnia, viene ritrovato un bambino cresciuto fra i lupi. Gli viene dato il nome di Haris e viene inviato in Serbia, all’orfanotrofio di Belgrado, dove inizialmente rifiuta ogni contatto e ogni forma di educazione; poi, grazie alla presenza di un assistente sociale e all'amicizia con Zika, un ragazzo più grande, esce gradualmente dallo stato animale per ricongiungersi con la propria natura umana. Ma il percorso di umanizzazione del bambino non è necessariamente evolutivo, né garantisce ad Haris una vita migliore di quella vissuta in mezzo ai lupi. Basato su una storia vera, il film del 40enne Vuk Rsumokiv è di commovente freddezza ma con lo sguardo critico e una pietas crudele per la sorte jugoslava. Negli occhi di Denis Muric si legge il bene e male della nostra civiltà, dall'ignoranza al dolore. Un debutto cinematografico di grande maturità e purezza etica ed estetica; emozionante sempre e sconvolgente nel finale. |
LUX - maggio 2015 |