Il figlio (Le fils)
Jean-Pierre e Luc Dardenne - Belgio 2002 - 1h 43'


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da La Stampa (Lietta Tornabuoni)

   I protagonisti de Il figlio, film molto bello, civilissimo, dei registi fratelli belgi Dardenne film successivo in archivio già autori di Rosetta, sono almeno due. Uno è Olivier Gourmet, premiato all'ultimo festival di Cannes come miglior attore. L'altro è la A-Minima, una nuova macchina da presa manovrata a mano della Aaton, che segue nel modo più ravvicinato e mobile l´inquietudine, gli affannati andirivieni di un falegname, che scopre la materialità del suo lavoro, legni, rumori, attrezzi, sfumature di colore. I registi hanno ottenuto una straordinaria fusione tra psicologia e tecnologia, in cui la seconda, anziché servire a puerili effetti mirabolanti come accade spesso nei film, serve a cogliere più profondamente il personaggio. Altra eccezione de Il figlio è quella di scartare gli impulsi neri (vendetta, violenza, omicidio) a favore degli impulsi non violenti: e senza alcun intento pedagogico o moralistico, semplicemente per realismo, perché nella vita vera non uccidere è più facile e frequente che uccidere. Un falegname ha perduto un figlio piccolo, strangolato dentro l´automobile da un ragazzo ladro di autoradio. La perdita ha devastato la vita dell'uomo: oltre la sofferenza, il suo matrimonio s'è disfatto, la moglie l´ha lasciato, sta per risposarsi e aspetta un altro figlio; la solitudine lo circonda di un´angoscia desolata. Un giorno, al Centro d'addestramento per falegnami dove l´uomo insegna, arriva un nuovo apprendista, un ragazzo da poco uscito di prigione. L´uomo lo riconosce per l´assassino di suo figlio. Lo segue, lo spia, lo prende tra i suoi allievi, lo istruisce, gli insegna il mestiere, lo porta con sé in una gita domenicale. Sembra che abbia intenzione di ucciderlo:  ma lo spirito di paternità umano e professionale, la pulsione del perdono, sono più forti della memoria del delitto. Pochissime parole, suspence intensa, immagini profonde e nitide, solitudine invincibile: un ritratto perfetto del protagonista e della sua vita impoverita, del dolore.

da Il Giorno (Silvio Danese)

     ...Un'implacabile inchiesta comportamentale sul bisogno di vendetta, a partire dalla questione: che cosa fai se ti trovi ad accudire l'assassino di tuo figlio? Cultori del pedinamento sul dorso del personaggio, i fratelli Dardenne non mollano un istante il carpentiere Olivier quando scopre che il nuovo apprendista della scuola è il ragazzo che, durante una rapina, gli uccise i figlio. Uscito dal riformatorio, Francis vuole ricominciare una vita. Olivier invece riesce soltanto a seguire l'istinto e attraversa il tormento dell'insensatezza (la morte di un figlio non ha spiegazioni) passando dalla curiosità, all'indagine, alla paura fino al confronto drammatico in cui esplode il terrore. Quesito morale cruciale che riprende, anche nello stile deterministico, i film di Bresson e Kieslowski, si allarga a toccare l'atto estremo, cristiano e deistico insieme, del perdono. E oltre: in fondo Olivier sembra pretendere dall'assassino di colmare la perdita diventando suo figlio. Da vedere.

TORRESINO - ottobre 2002