Il
favoloso mondo di Amelie
(Le fabuleux destin d'Amélie Poulan)
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Parigi
è una cartolina elettronica, la scenografia d´un musical americano
di Gene Kelly, un panorama inventato mettendo insieme luoghi comuni
e souvenir, oppure è Colonia, la città tedesca dove parte de
Il
favoloso mondo di Amélie
di Jean-Pierre
Jeunet è stato girato. I parigini sono maniaci, ossessi, coatti, fobici,
disadattati: un anziano dalle ossa fragili come vetro, che non esce
mai di casa e da vent'anni dipinge copie (una all'anno) dello stesso
quadro di Renoir; un commerciante di alimentari che sadicamente insulta
e terrorizza il suo giovane commesso; una portinaia che da decenni
aspetta il marito infedele scomparso; un padre, orgoglioso proprietario
di un nanetto da giardino con cappuccio rosso; un bel giovane che
colleziona in album le foto-tessera scartate delle cabine pubbliche.
Amélie, la protagonista, è una cameriera di caffè sola, una ragazza
bruna e magra, di poca statura, con gli occhi puntuti e l´espressione
lievemente maligna, con un bellissimo taglio di capelli e un appartamento
a Montmartre: la scoperta d´una scatola di tesori infantili, l´indagine
per trovarne il proprietario e la felicità di lui nel rivivere gli
anni di bambino la convincono a diventare altruista, a insinuarsi
nella vita degli altri per renderla migliore, a vendicare i torti
da loro subiti. Invadente e supponente come una fata o una strega,
l´impicciona trova la felicità anche per se stessa, benché ci voglia
parecchio tempo per arrivarci. Il film-fenomeno (otto milioni di spettatori
in Francia, vincitore del Felix europeo, candidato all'Oscar, oggetto
d´una speciale sfilata di Gaultier, gran successo ovunque) non è dunque
la fiaba rosa d´una buona fata, ma la favola nera d´un mondo di personaggi
immaturi, inseguitori del sogno, patologicamente incapaci di accettare
la realtà: abbastanza cinica, anche cattiva, come si poteva aspettarsi
dal regista quarantasettenne di Delicatessen
e de La cité des enfants perdus.
Cinematograficamente, se non fosse così lungo il film sarebbe un incanto.
Come in Mon oncle d´Amérique di
Alain Resnais, citazioni da filmquiz |
Lietta Tornabuoni - La Stampa |
Amélie Poulain, il dolce, bizzarro angelo custode di Montmartre, plana tra noi già coronata di una spessa aureola mediatica. Nei prossimi giorni si accettano scommesse cominceremo a descriverci (o qualcuno lo farà a nostre spese) alla maniera in cui Jean-Pierre Jeunet descrive i personaggi del film, con "quel che ci piace" e "quel che non ci piace": diventerà uno dei tormentoni che nascono al cinema e si diffondono nel gergo sociale, come "le cose per cui vale la pena di vivere" di Allen o "dì qualcosa di sinistra" di Moretti. Ma che aspetto ha, in definitiva, Il favoloso mondo di Amélie? Nel film (di enorme successo in patria, vincitore dell'oscar europeo, candidato francese all'Oscar con la maiuscola) c'è un personaggio che ogni anno per vent'anni ha dipinto una copia conforme dello stesso quadro di Renoir (padre). Alla fine lo riproduce ancora una volta, però cambiandone figure e dettagli. È la metafora di quanto ha fatto Jeunet come sceneggiatore e regista: ha ricreato il clima dei vecchi film populisti di Renoir (figlio) e di Prévert, ma reinterpretandolo con una sensibilità contemporanea e un po' beffarda (nient'affatto buonista, dunque, malgrado ciò che se ne è detto). Dopo un'infanzia solitaria Amélie, un po' fatina un po' Zorro, si trasforma in paladina della felicità altrui per compensare l'opacità della propria vita. E' innamorata di Nino, Amélie: solo, non osa farsi riconoscere dal suo principe azzurro. Poiché il film è una fiaba, c'è da giurare che vivranno felici e contenti. Dopo il truculento Delicatessen e una serie di altri titoli (tra cui il quarto Alien) variamente giudicabili, ma molto personali, Jeunet va a centro con una commedia piena di fantasia, tenerezza e umorismo, fitta di personaggi disegnati con efficaci tocchi da impressionista: l'odioso fruttivendolo e il commesso sognatore, l'innamorato geloso e la barista ipocondriaca, il pittore malato e la portinaia nevrastenica, il giovanotto che colleziona fototessera fatte a pezzetti. Consapevolmente anacronistico (la storia si svolge nella Parigi del 1997, ma il tempo sembra sospeso), volutamente eccentrico, Il favoloso mondo di Amélie ha un po' l'aspetto di un "corto" allungato a due ore; senza che ciò, per una volta, rovini il risultato. Le invenzioni registiche si moltiplicano; i colori mutano, variando dall'acido alla quasi-monocromia; gli effetti speciali offrono continue sorprese. |
Roberto Nepoti - La Repubblica |
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