Fast
Food Fast Women |
da Film Tv (Mauro Gervasini)
Piccole storie nella Grande Mela. Bella fa la cameriera, supera in scioltezza la soglia dei trentacinque anni ma dice di sentirsene cento. La sua vita sentimentale é un disastro, le sue nevrosi sono olimpiche come quelle del Woody Allen d'annata. Sulla sua strada un inglese, Bruno, che fa il tassista ma si crede uno scrittore, ha due figli e non sa neppure cosa sia una famiglia. Intorno a loro altri personaggi, come in un racconto di Paul Auster. Ecco, il regista israeliano Amos Kollek ha bene in mente i "grandi narratori" di New York e il tocco minimalista della commedia intellettuale. Strizzando l'occhio a più referenti costruisce un film d'attori, divertente e leggero, forse un tantino cerebrale nel proporsi come metafora di una o più condizioni esistenziali. Kollek ha dalla sua un cast davvero superbo, a partire dalla protagonista Anna Thomson, attrice americana che però ha costruito la sua fama soprattutto in Francia (dove é amatissima e contesa dai migliori cineasti) per finire con Victor Argo, volto caro a Abel Ferrara e allo stesso Auster, che qui definisce con il personaggio di Seymour (il vecchio irascibile) una maschera davvero irripetibile.
da La Stampa (Lietta Tornabuoni)
In Fast Food Fast Women (Cibo svelto, donne svelte) c’è una coppia molto singolare. Lei, la protagonista Anna Thompson, americana dalla pelle meravigliosamente candida e luminosa, magrissima ma con un gran petto gonfio, elegante alla maniera di Audrey Hepburn, artificiale (labbra dilatate, faccia tirata), patetica, distratta e vulnerabile, è un’attrice adorata da quanto resta del cinema underground internazionale. Lui, il regista Amos Kollek, 54 anni, israeliano di nascita e di nazionalità anche se sta a New York o Parigi, figlio di un sindaco di Gerusalemme, soldato, laureato in psicologia e filosofia, scrittore, è autore di film ammirati quali Bad Girl, Da Vienna a Hollywood, Sue, Fiona, spesso illuminati dalla presenza di Anna Thompson. La coppia è legata pure nella vita privata. Nei film, l’attrice è una donna fragile, che non sa parlare con gli altri e che allarma gli interlocutori per la sua diversità (faccia da Madonna, gesti delicati, occhi malinconici, sigaretta accesa, timidezza soft), che non sa vivere l’amore né sa farlo a pagamento. In Fast Food Fast Women Kollek ha deciso di essere più ottimista, di guardare il mondo con tenerezza più che con ironia, di dare alle sue storie tocchi fiabeschi: il film dolcemente spiritoso e parzialmente corale racconta cose che succedono in città (come Smoke di Wang, America oggi di Altman, Magnolia di Anderson). A New York, una cameriera trentacinquenne è l’anima del dinner dove lavora, la confidente o il capro espiatorio, la consolatrice o l’amata. Stanca del legame con un regista teatrale egocentrico, s’innamora di un autista di tassì (è Jamie Harris, figlio di Richard Harris): il loro rapporto è tessuto di paure, di bugie, d’equivoci, d’affetto. Un anziano vedovo timido mette un annuncio sul giornale e incontra Louise Lasser (è stata moglie di Woody Allen), mentre un suo amico pure anziano s’innamora d’una spogliarellista da peep-show. Eccetera. I legami sono difficili, spesso deludenti oppure precari. Alla ricerca del tempo perduto, nelle amarezze del tempo ritrovato, le differenti esistenze s’intrecciano, per un attimo o anche per sempre.
TORRESINO maggio 2001