Il clan (El clan)
Pablo Trapero - Argentina/Spagna 2015 - 1h 48'

VENEZIA 72 - Leone d'argento per la regia

    Padri terribili: il protagonista del film di Pablo Trapero ci ha fatto pensare molto a quello di Miss Violence, film greco che due anni fa aveva vinto a sorpresa il Leone d'argento e lo stesso destino è toccato al film El clan. E come due anni fa il protagonista maschile, in questo caso Guillermo Francella, avrebbe meritato anche la Coppa Volpi, se non avesse trovato sulla sua strada il grande Fabrice Lucchini: dopo tanti criminali che in questa Mostra non hanno lasciato il segno, questo padre di famiglia è un personaggio che non si dimentica. Anche qui si tratta di una storia vera: un fatto di cronaca che aveva a suo tempo sconvolto l'Argentina. Nella fase finale della dittatura, quando le sparizioni di persone erano all'ordine del giorno, una banda di criminali organizzava il rapimento di persone facoltose: ricevuto il riscatto eliminava poi le vittime, per evitare qualsiasi rischio. Dopo il passaggio alla democrazia la banda continua i suoi colpi, ma il clima è mutato e alla fine la polizia irrompe nel covo.
Il particolare agghiacciante che tanto aveva colpito l'opinione pubblica è che il capobanda, Arquimedes Puccio, un tranquillo e stimato commerciante, aveva in un modo o nell'altro coinvolto tutto il nucleo familiare (moglie e cinque figli) nell'impresa, per cui il covo altro non era che la casa di famiglia, nella cui cantina venivano segregate le vittime. Il regista mostra con chiarezza il contesto storico-sociale e con pochi riferimenti lascia intuire la rete di coperture e connivenze in cui il clan Puccio operava: la fine del regime, segnalata dal primo discorso di Raul Alfonsin, futuro presidente, segna l'inizio della fine della banda. Quello che interessa di più il regista è però la messa a fuoco del degrado morale che ha fatto da brodo di coltura del regime. Nel film dunque si entra nel nucleo familiare, si osserva il modo in cui, con atteggiamenti e motivazioni diverse, nessuno riesca ad opporsi alla violenza, se non con la fuga. Lo sguardo è puntato in particolare sul rapporto tra il padre e il figlio Alejandro (un credibile Peter Lanzani), stella della locale squadra di rugby e valido elemento della squadra nazionale argentina, i Los Pumas. Il padre si serve della posizione del figlio per selezionare e avvicinare le sue vittime, ma soprattutto lo domina e schiaccia, sfruttando le sue fragilità, come mostra spesso l’inquadratura nell’accostare i due volti. Nel disegnare questa relazione giganteggia Guillermo Francella, che pacatamente impone il suo personaggio di padre padrone: dà i brividi la sua capacità di controllare, colpevolizzare, annichilire, manipolare, sempre con un atteggiamento formale, freddo e al contempo composto, misurato, educato.
Se a livello di linguaggio visivo spicca l’uso dei piani sequenza, si fa notare invece decisamente troppo la colonna sonora: piuttosto chiassosa, composta di brani non sempre in sintonia con l’epoca,  giocata per lo più sul contrasto con le situazioni rappresentate, la sua presenza invadente ha se non altro il pregio di rendere più efficaci e inquietanti i silenzi. Il film, prodotto tra gli altri da Pedro Almodovar
film precedente in archivio, è già un successo di pubblico in patria, forte di un buon ritmo e della capacità di coinvolgere lo spettatore. Il finale poi non delude ed è in qualche modo catartico.

Licia Miolo - ottobre 2015 - pubblicato su MCmagazine 38


promo

Argentina, primi anni Ottanta, in una tipica villetta famigliare nel caratteristico quartiere di San Isidro. Qui abita e opera il malvagio clan autore di rapimenti e omicidi guidato da Arquímedes Puccio, il patriarca che pianifica tutte le operazioni. Alejandro, il figlio maggiore, un campione di rugby, è soggiogato dal padre e aiuta ad individuare i possibili bersagli dei rapimenti. Ma non è il solo componente della famiglia a essere coinvolto. Ciascuno a proprio modo, tutti i familiari sono complici delle spaventose azioni perpetrate dal clan, beneficiando degli ingenti riscatti pagati dalle famiglie delle vittime... Una 'crime story' incalzante, stordente, avvincente, basata sulla vera storia della famiglia Puccio. Una regia incalzante, un collage di interpretazioni di sconvolgente realismo, uno studio sconvolgente sulla banalità del male e sulle derive della dittatura. Leone d'argento per la regia a Venezia 2015.

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