Diplomacy - Una notte per salvare Parigi (Diplomatie)
Volker  Schlöndorff - Francia 2014 - 1h 25’

   È la notte fra il 24 e il 25 agosto 1944. Gli Alleati stanno per liberare Parigi, ma il Fuhrer ha deciso che distruggerà la città per punire "l'arroganza dei francesi che credono che sia già finita". Le mine sono piazzate sotto Notre Dame, la torre Eiffel, il Louvre, l'Opera, l'Arco di Trionfo. Manca solo l'ordine definitivo affinché ponti, monumenti, stazioni saltino per aria, portando con sé circa 3 milioni di civili residenti nella Ville Lumière. Quell'ordine verrà dato all'alba dal generale Dietrich von Choltitz, capo del quartier generale tedesco a Parigi. Ma entra in scena Raoul Nordling, console svedese "nato e cresciuto a Parigi", che si intrufola nello studio di von Choltitz per cercare di dissuaderlo dal confermare quell'ordine fatale.
Tutti sappiamo com'è finita, perché Parigi continua a brillare con tutti i suoi gioielli. L'abilità della pièce teatrale Diplomatie di Cyril Gely, su cui è basato l'adattamento cinematografico ad opera dello stesso Gely e del regista Volker Schlondorff, è quella di ricreare la tensione di quelle ultime ore e tenerci in sospeso su quali saranno gli argomenti utili per convincere von Choltitz a cancellare la distruzione della capitale francese. Il fatto che dietro la sceneggiatura, perfettamente calibrata e allo stesso tempo completamente coinvolgente, ci siano un francese e un tedesco ha certamente contribuito a ritrarre i due protagonisti, von Choltitz e il console svedese innamorato della Francia, come esseri umani a tutto tondo, ognuno dotato di ragioni condivisibili per agire in un modo piuttosto che in un altro.
"Lei cosa farebbe al mio posto?", chiede il generale al diplomatico, ma è come se lo chiedesse a noi, perché è impossibile chiamarsi fuori dal dilemma che riguarda il suo personaggio. In ballo ci sono i legami famigliari, il futuro di una città e di due nazioni, la paura, l'onore. E soprattutto "il limite oltre il quale l'obbedienza smette di essere un dovere", nonché il rapporto fra i doveri che ci impone l'appartenenza ad una collettività, una nazione, un esercito e un'educazione, e quelli che ci suggerisce la coscienza, rendendo unica la nostra individualità.
Schlondorff esamina un'altra pagina della Storia affrontando di petto il tema delle responsabilità - collettive e individuali, appunto - del nazismo, e lo fa tenendosi alla larga dagli stereotipi e dai luoghi comuni. Con una messinscena classica che concentra l'azione - puramente verbale - all'interno di una stanza, attraverso una grande attenzione ai dettagli - il bidet che transita durante la smobilitazione del quartier generale tedesco, la lampada di fortuna alla cui luce il generale deve leggere gli ordini di Himmler, il ticchettio dell'orologio che sottolinea l'urgenza della decisione - il regista racconta la storia di due uomini che hanno fatto la Storia rimanendo connessi alla loro umanità più profonda.
La sceneggiatura non dimentica di colorare di sottile ironia ogni scambio verbale ed ogni azione filmica. E l'interpretazione del franco-danese Niels Arestrup e del francese Andre Dussolier nei panni del generale e del console fa il resto, rendendo impossibile distogliere l'attenzione da questi due virtuosi del cinema internazionale..

Paola Casella - mymovies.it

   Parigi, 23 agosto 1944. La Germania nazista è prossima alla disfatta, mentre avanzano sempre più compatte le truppe alleate. Eppure, ancora non pronto a rassegnarsi, il führer, dal suo bunker berlinese, ordina al Generale von Choltitz (a capo della guarnigione tedesca di Parigi) di procedere alla distruzione della capitale francese, di eliminare in un colpo solo la fastosa architettura della Ville Lumière e i suoi cittadini. Un ordine dettato con grande probabilità dalla volontà di Hitler di sfigurare Parigi come era accaduto per Berlino e di non permetter così alla capitale francese di mantenere il suo ‘primato estetico'. Ma quest'ordine (nella realtà storica dei fatti) non verrà mai eseguito, lasciando così intatte le bellezze della Parigi che tutti conosciamo e che ancora oggi è custode di alcune ineguagliabili espressioni d'arte. Diplomacy del regista Volker Schlöndorff cerca di dare una chiave di lettura plausibile ai motivi che spinsero il Generale von Choltitz a non portare a termine uno degli ultimi, folli ordini di Hitler. E nel disvelare questa presunta, ipotetica pagina di storia, diventa centrale la figura di un altro uomo, Raoul Nordling (interpretato da André Dussollier), all'epoca dei fatti Console Generale di Svezia a Parigi, e che in quel frangente incontrò più volte il Generale tedesco, instillando forse nell'uomo il dubbio di quella possibile disubbidienza a un ordine che (assecondato) avrebbe cambiato per sempre non solo la fisionomia di Parigi ma anche le sorti socio-politiche dell'Europa di cui oggi facciamo parte.
Partendo dunque da una speculazione politica e riadattando per il cinema la fonte d'ispirazione teatrale (Diplomatie di Cyril Gely), Schlöndorff porta realmente in scena una mirabile azione di diplomazia che pur nella sua non storica fondatezza riapre l'interessante riflessione del rapporto tra uomo e coscienza nei casi limiti, come quello di una guerra feroce e dilaniante in cui la volontà del singolo lascia il posto alla mera esecuzione dell'ordine, qualsiasi esso sia (affermerà a questo proposito von Choltitz in merito all'ordine di distruggere Parigi e tutti i suoi abitanti: "Non ho mai ricevuto ordini aberranti"). Il paradosso dell'uomo che diventa criminale per semplice aderenza agli ordini e ai dettami della guerra è stato da sempre fonte di numerosi dibattiti, polemiche, tutte poi raccordate attorno al labile filo di quella banalità del male acutamente ricostruita dalla Arendt. Può dunque un uomo in casi limite mantenere un rapporto limpido con la propria coscienza? Diplomacy, mantenendo l'impostazione teatrale e dunque il minimalismo di spazi (è quasi tutto girato nella fastosa stanza d'albergo dove alloggia il Generale) e personaggi (quasi l'intero film poggia sul confronto dialettico, esistenziale tra il Generale e il Console), riporta in auge proprio il tema dell'uomo nel confronto con sé stesso e con la propria morale in una situazione che definire al limite è a dir poco riduttivo. Schlöndorff rilegge dunque questa pagina storica di un dramma sventato attraverso il confronto tra due uomini, abituati a essere per ruolo uno mero braccio esecutore l'altro mente, in grado di portare l'avversario alla resa con la sola forza della propria dialettica. E, infatti, sarà proprio chiamando in causa la pagina biblica di Abramo, l'amore di un padre per i propri figli e non da ultima la grande differenza insita nell'esser ricordati come salvatori anziché come distruttori, ad abbassare gradualmente le difese 'militari' del Generale per ricondurlo invece a una dimensione umana, più fragile e dunque più incline ad ascoltare le ragioni della propria coscienza. Un duetto umano davvero interessante, reso tale senza dubbio dalla forza di dialoghi che sanno essere sempre funzionali e incalzanti, e da una coppia di attori davvero magistrali e perfettamente calati nei loro ruoli e nelle sfumature del loro riflettere. È, infine, un confronto tutto umano che si muove tra due esistenze diverse eppure similmente in grado di dare del filo da torcere al proprio interlocutore: da un lato la durezza apparente del Generale di Niels Arestrup e dall'altro l'essenza enigmatica (verbale e mimica) del Console. D'impianto teatrale e basato tutto sulla fine dialettica e sul filosofeggiare (politico ed esistenziale) dei due protagonisti assoluti,
Diplomacy ricostruisce la suspense di un momento della storia che decise non solo delle sorti della Villa Lumiere ma anche dell'assetto socio-politico dell'Europa intera. Forte soprattutto delle magistrali interpretazioni di Niels Arestrup e Andre Dussollier rispettivamente nei panni del Generale Dietrichvon Choltitz e del Console Raoul Nordling, il film fa del rigore e della sintesi narrativa i suoi punti di forza e di coesione dimostrando come anche un'ipotesi storica a volte può essere di fondamentale importanza per la comprensione della Storia..

Elena Pedoto - everyeye.it


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Estate 1944. L'ordine di Hitler è che Parigi non cada nelle mani del nemico, altrimenti dovrà essere ridotta a un cumulo di macerie. Il Generale della Wehrmacht Dietrich von Choltitz è già pronto per eseguire l'ordine: i principali simboli della capitale francese - la Torre Eiffel, il Louvre, Notre Dame e i ponti della Senna - sono stati minati. Tuttavia, all'alba del 25 agosto, attraverso un tunnel sotterraneo segreto il Console Generale svedese Raoul Nordling si intrufola nella sede del comando tedesco per convincere von Choltitz a non mettere in atto il piano demolitore. Da quel momento, i due uomini daranno vita a un'intensa battaglia psicologica, giocata sul dialogo tra due caratteri fortemente contrastanti: mentre von Choltitz si trincera dietro il proprio dovere di obbedienza agli ordini militari, Nordling, invece, cercherà in ogni modo di fare appello alla ragione e alla benevolenza per impedire l'assurdo piano di distruzione di Parigi.

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