Difret - Il coraggio di cambiare
Zeresenay Berhane Mehari - Etiopia/USA 2014 - 1h 39’

Premio del pubblico
SUNDANCE-BERLINO
AMSTERDAM - MONTREAL


   Etiopia, 1966. In un villaggio nell'area di Addis Abeba la quattordicenne Hirut viene rapita e violentata da colui che la pretende come sposa nonostante l'opposizione dei genitori di lei. La ragazzina riesce a fuggire impossessandosi di un fucile e uccidendo il suo sequestratore come auto difesa. Tutto però è contro di lei, sia la legge dello stato sia le regole ancestrali delle comunità rurali. Solo Meaza Ashenafi, avvocato e leader dell'associazione Andenet (uno studio legale al femminile che assiste gratuitamente donne che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di difendersi dai soprusi di una società dominata dai maschi) decide di assisterla. La battaglia contro i pregiudizi non sarà facile né indolore.
 Difret in etiope significa avere coraggio, osare. Il titolo rappresenta con efficacia il senso della vicenda anche sul piano produttivo. Alle origini del film ci sono personaggi reali: la produttrice è la sempre più impegnata sul piano sociale Angelina Jolie e alla regia c'è qualcuno che, seppur residente negli Usa, ha le proprie radici in Etiopia ed è lì che ha preteso (e ottenuto) di andare a girare un'opera che ha vinto al Sundance.
Nella vicenda di Hirut si intrecciano le due tensioni che attraversano, seppur con caratteristiche diverse, più di un Paese del continente africano. Da un lato la progressiva emancipazione delle donne che trova nelle città occasioni per affermarsi e dall'altro un mondo rurale in cui vigono regole imposte dai maschi e la più completa sottomissione della donna all'uomo. Ai tribunali previsti dall'ordinamento statale si sovrappongono le "corti di giustizia" che si riuniscono in un campo sotto un albero e in cui nessuna donna è presente. Hirut ha difeso la propria dignità di essere umano e questo la allontana dalla comunità proiettandola in una realtà aliena, quella della città in cui rumori e stili di vita la disorientano. Accanto a lei Meaza (a cui è stato assegnato un prestigioso riconoscimento per l'attività svolta) che rivede nella ragazzina la stessa esigenza che provava lei quando aveva la sua età: il bisogno di far compiere all'intera società il passaggio necessario che porti a una trasformazione profonda dei costumi. Il magistrato che rappresenta l'accusa è una perfetta rappresentazione della difficoltà dell'impresa: vive in una realtà che dovrebbe favorirne l'apertura mentale ma resta legato ai pregiudizi maschilisti che gli sono stati inculcati. Ci vuole davvero coraggio per sfidare regole, scritte e non, come ha fatto Meaza Ashenafi riuscendo al contempo a 'leggere' una realtà in cui gli happy end non sono poi così happy.

Giancarlo Zappoli - mymovies.it

   Raccontare quello che non si sa, provocare dibattiti, intervenire sulle coscienze delle per sone per cambiare atteggiamenti. culture, addirittura leggi: il cinema di denuncia non è scomparso dagli schermi cinematografici, ma ha cambiato i suoi modi e soprattutto il baricentro geografico. Difret di Zeresenay Bethane Mehafl. primo film etiope invitato in concorso al Sundance, interviene senza troppe reticenze su un tema spinoso, oggetto di un battaglia civile e giuridica neppure vent’anni fa. In aramaico “difret” significa osare, ma talvolta viene usato anche per indicare la violenza dello stupro: Il film racconta il coraggio di una ragazzina etiope che subisce una violenza, si ribella al destino che la vuote sposa del suo violentatore e, con l’aiuto di una caparbia avvocata. ottiene una significativa modifica della giurisprudenza del suo paese.
La storia è ambientata tra Addis Abeba e un piccolo villaggio a sole due ore di distanza. Il divario ambientale ma soprattutto culturale tra la capitale e la campagna è enorme: al villaggio sopravvivono ben salde le leggi tradizionali, tra cui la telefa, una versione locale della nostra fuitina, che nel film di Mehari viene rappresentata nel modo più duro e meno romantico possibile. Hirut, la quattordicenne protagonista del film, per difendersi non trova altro modo che sparare al suo pretendente e per questo viene incamerata e destinata alla pena capitale. A questo punto interviene l’avvocata Meazà Aslienafi, che con la sua associazione Andenet difende gratuitamente le donne maltrattate e abusate. La donna si rende conto dell’importanza strategica del caso e non si accontenta di difendere la ragazza In tribunale: la controversa e rischiosissima scelta di trasformare il processo in una questione politico-istituzionale mette a repentaglio la sorte di Hirut e della stessa associazione, ma alla fine, dopo un momento suspense, si trasforma in una vittoria importantissima.
Militante, finanziato dal basso (crowdfundlng. fondazioni pnvate e ONG) e, alla fine, sostenuto e promosso da Angelina Jole, il film è costruito per parlare a tutto il mondo, ma non ha quel sapore artificioso (e velatamente neocoloniale) che affligge molte operazioni analoghe nate in Occidente, Grazie al forte radicamento locale (per l'Italia c'è anche la versione recitata in aramaico da attori etiopi e lo sguardo sull'Africa è ben lontano dall’esotismo incantato di altri film) e nonostante la fortemente voluta, e forse necessaria, esemplarità, il film riesce autentico e convincente, forte abbastanza per non nascondere alcune ombre, come l’ambizione di Meaza (che nel 2003 ha ricevuto The Hunger Projects Prize, sorta di Nobel africano per il lavoro a difesa delle donne), e per permettersi un finale triste e vero. Zeresenay Berhane Mehari, etiope da ventanni negli Usa, dove ha studiato e lavorato nell’industria cinematografica, valorizza la sua articolata identità culturale e realizza un film ponte tra due culture, di buon valore cinematografico e di grande importanza civile.

Luca Mosso – La Repubblica Milano




promo

Hirut, una quattordicenne etiope, viene aggredita e rapita da un gruppo di uomini a cavallo mentre sta tornando a casa da scuola, in un villaggio a tre ore da Addis Abeba. Nel tentativo di fuggire Hirut riesce a prendere un fucile e spara uccidendo Tadele, ideatore del rapimento nonché suo “aspirante futuro sposo”. In gran parte dell'Etiopia la pratica del rapimento a scopo di matrimonio è una tradizione antica e radicata, e la ribellione di Hirut non le lascia possibilità di scampo. Ad Addis Abeba Meaza Ashenafi, una giovane donna avvocato che con un'associazione offre assistenza legale gratuita a coloro che non se la possono permettere, viene a conoscenza dell’arresto di Hirut e cerca di farsi affidare il caso, disosta a tutto pur di salvare Hirut... Alle origini del film ci sono personaggi reali: la produttrice è la sempre più impegnata sul piano sociale Angelina Jolie e alla validissima regia c'è qualcuno che, seppur residente negli Usa, ha le proprie radici in Etiopia ed è lì che ha preteso (e ottenuto) di andare a girare un'opera che ha conquistato i premi del pubblico al Sundance, a Berlino, ad Amsterdam e a Montreal!

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 LUX - gennaio 2015

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