L'azione
ha luogo nel 1623. La giovane moglie del pastore Absalon Pedersson, Anne,
nasconde la vecchia Marta, ricercata per stregoneria. Scoperta ugualmente, la
presunta strega supplica Absalon di salvarla (sa che egli risparmiò un tempo la
madre di Anne, accusata dello stesso crimine, per ottenerne la figlia). Ma il
pastore rifiuta e consegna la vecchia al giudice Laurentius. Questi la fa
torturare, ne ottiene la confessione e la condanna al rogo. Turbata dalle
notizie sulla propria madre, Anne subisce il fascino delle arti magiche, che si
crede capace di esercitare. Diviene l'amante del giovane Martin, figlio di primo
letto di Absalon, mentre su di lei vigila la suocera che la detesta. Il pastore
è chiamato ad assistere alla fine di Laurentius, che muore convinto di essere
vittima della maledizione della strega. Quando torna a casa Anne, che frattanto
ha cercato di placare i rimorsi di Martin, gli rivela, in un'accesso di
ribrezzo per quell'umiliante matrimonio, i rapporti che la legano al
figliastro. Il pastore cade fulminato. Martin promette ad Anne di difenderla da
ogni accusa. Durante il processo però, quando incolpano Anne di stregoneria e
di omicidio, il giovane si allontana da lei e prende le parti della nonna.
Delusa, Anne si autoaccusa di ogni crimine dinnanzi al cadavere del marito e si
prepara ad affrontare il rogo.
Tratta
da un dramma del norvegese Hans V. Wiers Jensen (1906), è una parabola
sull'intolleranza e la superstizione nel '600 della caccia alle streghe. C. Th.
Dreyer
girò il film durante l'occupazione tedesca della Danimarca. Il regista
non rinuncia alla propria volontà di sperimentazione linguistica. Ma sceglie
questa volta una cadenza più distesa. La m.d.p. segue i personaggi in
azioni lente, monotone, svolte in un universo ristrette (vi si risente l'origine
teatrale del testo). Film in prevalenza di interni,
Vredens
Dag unisce alla lentezza del ritmo un acuto senso della composizione
plastica, con figure rilevate su fondi neutri da violenti contrasti di luce o
immerse in un'atmosfera lattiginosa (come nell'incontro degli amanti nel bosco:
uno dei pochi esterni). Il quotidiano, insomma, evocato da una temporalità
remota e arcana, dove non mancano espliciti riferimenti alla figuratività di
Rembrandt e Vermeer. Un film complesso anche dal punto di vista psicologico:
ogni personaggio manifesta una personalità ambigua e contraddittoria, che
sottrae alle spettatore la certezza dei suoi giudizi, narrativi (potrebbe Anne
essere veramente una strega?) o morali che siano. Rimane, sempre, netto,
l'orrore per la superstizione di cui sono vittime (e responsabili) i
protagonisti. Orrore soprattutto evidente nel finale, quando Anne circondata da chierichetti salmodianti, in un'atmosfera luminosa, quasi
incantata prende la decisione di confessare. |