Daniel
Sidney Lumet - USA 1983 - 1h 50'

  "Ho dimenticato che cos'è che ci si deve aspettare dalla vita"

  • Prima di tutto il dato storico: il 19 giugno 1955 Ethel e Julius Rosenberg vennero giustiziati sulla sedia elettrica sotto l'accusa di spionaggio. Un ruolo marginale il loro ma un "colpo" importante, il segreto della bomba H trafugato dai laboratori di Los Alamos e passato all'Unione Sovietica; incriminati dopo le confessioni dello scienziato Klaus Fuchs e del cognato di Julius, David Greenglass, i due coniugi proclamarono fino alla fine la loro innocenza: la sentenza ottenne solo vari rinvii (2 anni) e l'esecuzione causò una profonda lacerazione nell'opinione pubblica mondiale e tanto più nel cuore "democratico" degli americani. In questo film Daniel Isaacson è il primogenito della coppia che, poco più che ventenne, "ríscopre" il calvario dei genitori sospinto dall'onda coscientizzante dell'attivismo politico degli anni '60 e soprattutto dall'angoscioso impegno della sorella Susan nel tentativo di riabilitazione sociale del nome di famiglia. Daniel e Susan hanno vissuto da bambini il dramma di papà e mamma Isaacson (Paul e Rochelle nella finzione cinematografica), li hanno visti portati via dall'FBI, hanno subito il distacco tra la "strumentalizzazione" di parte (resta impressa la scena in cui, per raggiungere il palco di un comizio, i due vengono passati a braccia sopra le teste della folla) e l'aridità affettiva del brefotrofio. Di là fuggirono insieme e riuscirono a raggiungere la loro vecchia casa: ritrovare anche questa vuota e devastata era stato l'estremo passo del loro sradicamento personale prima di essere al fine presi in adozione dai signori Lewin che li hanno cresciuti fino all'oggi con amore e comprensione. Ora tra Daniel e Susan c'è come un baratro esistenziale: lui, già sposato e con un bambino, mostra interesse solo per i propri studi universitari; lei, instancabilmente, si dà da fare tra movimenti pacifisti ed attività sociali ("l'atteggiamento giusto è di coinvolgersi, di aiutare, di creare... "). Quando lo sconforto la porta a tentare il suicidio ed a deperire poi inesorabilmente in un ospedale psichiatrico, Daniel però si risveglia e si muove alla ricerca di documenti, testimonianze, ricordi di dieci anni prima. Passato e presente si mescolano nella sua vita come nelle immagini del film, fino a giungere all'amalgamarsi finale dei funerali: quello di allora, di Paul e Rochelle, giustiziati "per la pace", e quello di Susan, consumata dal desiderio di una vera pace.

L'aura innocentista che ha sempre accompagnato il caso Rosemberg è stata incrinata proprio l'anno scorso dalla pubblicazione di The Rosenberg File (un libro di Radosh-Milton) ma il film di Lumet cerca di astrarsi dal dibattito popolare sulla "colpa" seguendo il filo romanzesco-intimista de Il libro di Daniel scritto nel '71 da un autore con la penna nella storia come Edgar L. Doctorow. L' accostarsi di due protagonisti di forte personalità ideologica ed artistica come Lumet e Doctorow ha fatto sì che la lettura del caso si delineasse essenzialmente nella visione "ingenua" dei due piccoli Isaacson e nella conseguente riflessione sugli eventi secondo una prospettiva di forte ambiguità, in cui lo scandagliare la storia non presuppone il ritrovarvi una verità assoluta dei perché del passato ma un tentativo di spiegazione del presente.
L'eredità di Daniel non è solo quella della storia sociale bensì, più angosciosamente, della storia privata: è un rapporto generazionale, genitori-figli, vissuto a distanza nel rivedere con gli occhi dell'adulto le emozioni di bambino; è un confronto all'interno di una stessa generazione tra la propria asfittica professionalità universitaria ed il disperato impegno di Susan. La fredda enunciazione delle tecniche delle varie pene capitali, che fanno da "insert" a tutto il film e preludono ai dettagli iperrealistici dell'esecuzione di Paul e Rochelle ("sulla sedia elettrica il condannato diventa parte del circuito"), è, da parte di Daniel, una brutale deprivatizzazione della propria tragedia familiare per svincolarsi dal pietismo degli affetti e offrire un'analisi globale di un evento "pubblico" e non necessariamente solo "politico" ("Per noi l'innocenza o la colpevolezza non erano rilevanti" ha puntualizzato Lumet "quello che importa, storicamente, è il modo in cui si comporta una democrazia in un momento di grande reazione").
Certo che l'eccessivo intellettualismo del proposito di deenfatizzare la tensione ideologico-politica (riconducendola al livello, più popolare, del privato) ritorce l'ambiguità nel risultato stilistico del film. "Lumet ha girato in una dorata tonalità seppia (il colore della memoria) gli spezzoni che si rifanno agli anni Trenta, quando gli Isaacson esplodono di energia esistenziale abbracciando l'ideale del comunismo. Ha poi posto Daniel e la sorella Susan in una contemporaneità bluastra, cristallina, secca e non di rado agghiacciante, come il loro dramma. Seppia e azzurro si fondono quando i bambini visitano i genitori in prigione: quasi un passaggio di consegne morali, in cui per forza i figli non capiscono e si adombrano, facendo presagire la tragedia che li attende alle soglie della maturità" notò subito Romano Giachetti (La Repubblica) quando
Daniel uscì in America, ma questa pregevole ricerca formale, con il curato intarsio del montaggio che rende suggestivamente omogenei passato e presente, conferisce alla pellicola un preziosismo estetico ed una consistenza retorica forse sovrabbondanti.
Anche il consolatorio corteo pacifista in cui Daniel, moglie e figlio si immergono rasserenati in chiusura rischia di semplicizzare in un patetico ottimismo il passo meditativo e articolato di
Daniel.
Ciò che resta comunque "tagliente" nella memoria è la denuncia degli eccessi di "difensivismo", in cui può cadere l'organismo democratico, e soprattutto il nuovo calvario di Daniel via via che la questione ideologica e morale si universalizza in spazio (USA specchio del mondo) e tempo (il periodo della guerra fredda, la contestazione degli anni '60, l'abulia nucleare dei nostri giorni) compenetrando la ricerca della verità della storia a quella fondamentale dell'esistenza.

ezio leoni  Espressione Giovani settembre-ottobre 1984

Sceneggiatura: E.L. Doctorow dal proprio romanzo Il libro di Daniel. Fotografia: Andrzej Bartkoviak. Scenografia: Philip Rosenberg.
Musica: canzoni cantate da
Paul Robeson. Montaggio: Peter G. Frank.
Interpreti:
Timothy Hutton (Daniel), Mandy Patinkin (Paul Isaacson), Líndsay Crouse (Rochelle Isaacson), Amanda Plummer (Susan lsaacson Lewin), Ed Asner (jacob Aascher), John Rubinstein (Robert Lewin), Maria Tucci (Líse Lewin), Ilan -M. Mitchell Smith e Jena Greco (Daniel e Susan bambini). Produzione: E.L. Doctorow e Sidney Lumet per Burt Harris, John Heyman per la Paramount.
Distribuzione:
Newgold.

cinema invisibile TORRESINO gennaio-aprile 2007

 


      Nativo della Pennsylvania (Filadelfia, 25 giugno 1924) ma dopo soli quattro anni già cittadino newyorkese, Sidney Lumet approda alla macchina da presa nel 1950. Aveva recitato nel teatro yiddish, esordito a dodici anni a Broadway come uno dei "Dead End Kids" ed aveva avuto pure uno sporadico contatto con il cinema con una parte in Quartiere maledetto (1938).
Dopo la guerra e l'esperienza di una compagnia off-Broadway, nel '50 la CBS lo assume come aiuto-regista in televisione dove in dieci anni egli gira circa 350 lavori. Particolare fama gli viene dai drammi di Reginald Rose ed è proprio con la versione per lo schermo di La parola ai giurati che nel '57 Lumet debutta nel cinema, su invito di Henry Fonda, l'attore protagonista della pellicola: è un'opera in bianco e nero, asciutta e incisiva nell'analisi del meccanismo giudiziario americano e ad essa fanno seguito altri validi lavori di stampo teatrale (anche d'autori quali Tennesse Williams, Arthur Miller, Eugene O'Neil).
Nel '64 dirige ancora Henry Fonda in A prova di errore, un film fanta-politico sul rischio degli armamenti nucleari, quindi nel '65 con La collina dei disonore e L'uomo del banco dei pegni affronta con mano decisa la drammatica ambiguità della violenza, smarrendosi un po', successivamente, nella letterarietà del testo in Il gruppo (dal romanzo di Mary Mc Carthty).
Nel '71 con Rapina record a New York Lumet dà un'impennata al proprio rítmo cinematografica (dosando nella spettacolarità dell'azione un'insinuante dimensione sociale), ma nel '73 con Riflessi in uno specchio scuro si invischia di nuovo nella tematica della violenza caricando esageratamente l'aspetto psicologico e la visualizzazione ad effetto. Non avrà grande eco Loving Molly, tratto da buon romanzo di Larry MacMurtry, ma il successo è straripante quando affronta la trasposizione del libro di Peter Maas, Serpico. E' un film semplicista, senza mezze tinte, tutto avventura e manicheismo ma fa sì che a Lumet si aprano definitivamente le porte delle grosse produzioni: l'impeccabile Assassinio sull'Orient Express (da Agatha Cristhie), Quel pomeriggio di un giorno da cani ('75, con un'intensa interpretazione di Al Pacino per la drammatica ricostruzione di un fatto di cronaca), Quinto potere ('76, su soggetto e sceneggiatura di Paddy Chayefsky) un'opera d'impatto sul potere della televisione, di grande attualità anche se su registri fin troppo esasperati.
Nell'81 con Il principe della città Lumet realizza uno dei suoi lavori più calibrati: il poliziotto Daniel Ciello, testimone pentito della corruzione della squadra narcotici, è un personaggio esemplare del cinema "metropolitano" del regista: viso d'angelo e cuore lacerato egli si ritrova a sopravvivere, in una New York livida e brutale, intimamente solo, "infame" tra gli amici, deluso ed insicuro, disperato anche con se stesso ("chiedetemi qualsiasi cosa e mi sembrerà di mentire anche se dico la verità... "). Dopo il simpatico gioco teatrale di Deathtrap (neppure edito in Italia!) e il troppo "marmoreo" Il verdetto, è la volta di Daniel ('83), un film coraggioso, osteggiato in America probabilmente per aver rivangato nel rimorso collettivo di una democrazia non sempre disposta alla critica (il caso dei coniugi Rosenberg giustiziati per spionaggio nel 1953), ma molto caro a Lumet proprio per la forza della ricerca del protagonista, ricerca di verità storiche ed esistenziali, in sintonia con la tensione ideologica dell'autore: "Non mi considero un ottimista in senso classico. L'ottimista è uno che si aspetta sempre qualcosa. Ciò che importa per me è la lotta, è di continuare a lottare. Non credo necessariamente nella vittoria; non mi influenza, non cerco l'appagamento... Ciò non vuol dire che sono un uomo disperato. Può sembrare un paradosso ma ha la sua logica: io credo nello sforzo costante nel lavoro non di un singolo individuo ma di tanti. A prescindere dai risultai immediati. Si può pensare che quelli che combattono abbiano necessariamente bisogno di vittoria, non è il mio caso. Secondo me non è importante far conto su una vittoria, come fosse una ricompensa. Mi sembra infantile come atteggiamento. Guardate ad esempio ì movimenti del non-violenza degli anni '60. La sconfitta ha lasciato una gran quantità di cuori i franti, ne è scaturita una situazione di "riflusso". Una causa? L'elemento di immaturità, il bambinismo della lotta. Quando non sono stati gratificati subito lo scoraggiamento è avvenuto molto rapidamente. La mia generazione invece ha imparato a non aspettarsi niente di immediato e gratificante ed ha continuato a combattere, non-stop working".

ezio leoni  Espressione Giovani settembre-ottobre 1984


filmografia di
Sidney Lumet
(Filadelfia, 25.6.1924 - )

1956 La parola ai giurati
1958 Fascino del palcoscenico
1959 Pelle di serpente
1959 Quel tipo di donna
1962 Lungo viaggio verso la notte
        Uno sguardo dal ponte
1964 A prova di errore
1965 La collina del disonore
        L'uomo del banco dei pegni
1966 Il gruppo
1967 Chiamata per il morto
1968 Bye bye Braverman
        Il gabbiano
1969 La virtù sdraiata
1970
King: A Filmed Record... Montgomery to Memphis doc
1970 La poiana vola sul tetto
1971 Rapina record a York
1972 Spirale d'odio
1973 Riflessi in uno specchio scuro
       Serpico
1974 Loving Molly
        Assassinio sull'Orient Express
1975 Quel pomeriggio di un giorno da cani
1976 Quinto potere
1977 Equus
1978 I'm Magic
1980 Dimmi quello che vuoi
1981 Il principe della città
1982 Trappola mortale
        Il verdetto
1983 Daniel

1984 Cercando la Garbo - tv
1986 Il mattino dopo
        Power
1988
Vivere in fuga
1989 Sono affari di famiglia
1990 Terzo grado
1992 Un'estranea tra noi
1993 Per legittima accusa
1997 Prove apparenti
1998 Se mi amate
1999 Gloria
2006 Prova a incastrarmi

2007 Onora il padre e la madre