C.R.A.Z.Y.
Jean-Marc Vallée - Canada 2005 - 2h 5'

   

Grifone d'oro - sezione "Y Gen"
GIFFONI FILM FESTIVAL

da L'Unità (Dario Zonta)

        Non sono tanti i film che arrivano dalla terra di Canada, eppure quelli che si riescono a vedere, tra festival e altro, restituiscono una vitalità e originalità non indifferenti. Basti pensare al visionario e poetico Guy Maddin, da noi misconosciuto, ma autore di film incredibili, come The Saddest Music in the World. A verificare la pulsione di una cinematografia giovane e irrequieta arriva ora un altro film, distribuito coraggiosamente in Italia e passato, con successo, alle Giornate degli Autori alla selezione di Venezia 2005. Il titolo, C.R.AZ.Y., è allo stesso tempo una citazione musicale (canzone di Patsy Cline, motore narrativo dei film) e un acronimo (le iniziali dei cinque fratelli protagonisti della storia).
Siamo in Canada, a Montréal, e il 25 dicembre nasce Zac, quarto di una famiglia cattolica di cinque maschi. Madre premurosa, padre burbero che ogni Natale si mette a cantare
Emmène-moi au bout de la Terre di Charles Aznavour e ha una predilezione per l'eroina del country Patsy Cline. Seguiamo la formazione sessuale e la crescita di un'identità diversa nel personaggio di Zac. I suoi primi vent'anni (il film va dagli anni 60 agli anni 80) sono il percorso di un ragazzo che scopre di essere omosessuale in un contesto familiare che non accetta "strappi" alla regola. Quando il padre trova Zac vestito da donna fare da "mamma" al fratello più piccolo gli viene uno sturbo, ma spera in una confusione passeggera. Quando invece lo vede baciarsi in macchina con il ganzo della scuola... La verità esplode drammatica.
C.R.A.Z.Y. segue, di fatto, il rapporto difficile di amore e odio tra il padre e il figlio, lasciando sullo sfondo, ma con precisione di dettaglio, le altre figure familiari. Interessante è la rappresentazione dell'humus cattolico che attraversa la cultura di questa famiglia di periferia del Québec francofono. Il finale, che ha fatto discutere qualche critico festivaliero, vede Zac compiere una sorta di viaggio catartico in Terra Santa, con tanto di "incontro" con un "Cristo" biondo e purificazione nel deserto. La chiosa riconciliatoria è in sintonia con un film che non vuole fare la morale, ma cerca di raccontare il difficile apprendistato di un padre rigido e la complessa formazione di un ragazzo sensibile.
Tratto distintivo del film è lo stretto intreccio con la colonna sonora. Il regista Jean-Marc Vallée
film successivo in archivio riesce qui al suo meglio, restituendo, con i tratti di un'iconografìa musicale specifica, gli umori e le trasformazioni di un'epoca. Si spazia dai Rolling Stones ai Pink Floyd, da David Bowie (con Space Oddity a rappresentare la distanza tra la terra e il cielo, tra la base di controllo e l'astronauta perso tra le stelle) alla già citata Patsy Cline. Proprio la musica di quell'epoca riscatta, nel senso della libertà e iconoclastia, il cuore conservatore di una tradizione familiare solida ma repressiva verso le diversità e originalità.

da Il Foglio (Mariarosa Mancuso)

        Mettiamola così: C.R.A.Z.Y. è il più bel titolo in uscita questa settimana. Dopo la dieta estiva, e prima dell'abbuffata veneziana, non andarlo a vedere subito è un delitto punibile con la visione coatta (occhi tenuti aperti con le pinze di Arancia meccanica) dei film italiani che nelle sale fanno mille spettatori. Mettiamola così: C.R.A.Z.Y. è un film come se ne vedono di rado, con una voce fuori campo da applauso (perché non sembra una scorciatoia da regista pigro) e tanti quadretti familiari, per raccontare infanzia, vocazione e prime esperienze del ragazzino canadese Zachary Beaulieu. Nato il 25 dicembre del 1960, quarto di cinque fratelli (le iniziali formano il titolo, ecco il perché dei puntini), ha una pericolosa tendenza a finire nel reparto rianimazione degli ospedali, dove viene dichiarato clinicamente morto. La mamma prepara i toast per la colazione dei rampolli usando il ferro da stiro: basterebbe questo per innamorarsene. Il padre non perde occasione, o ricorrenza familiare, o festa comandata, per afferrare un cucchiaio-microfono e mettersi a cantare Emmenez- moi au bout de la terre di Charles Aznavour (la prima volta i figli lo sopportano guardando da un'altra parte, la decima cercano di dissuaderlo, dopo vent'anni di simili esibizioni non resta che presentarsi con la saetta dipinta in faccia, come David Bowie, e sperare che il glam rock ponga fine all'increscioso spettacolo). Papà adora anche Crazy di Patsy Cline. Per fortuna questa non la canta, si limita a mimarla con le cuffie in testa, mentre mamma ascolta le cattive notizie al telefono. Se non vi commuovete per questa scena, vi tocca un'altra dose di film italiani mai usciti nelle sale, e per soprammercato il lamento dei produttori: c'è la censura del mercato, non si fa abbastanza promozione, e via di questo passo. Zachary cresce, dando a papà qualche dispiacere, mentre esplodono gli anni 70. Con adeguata colonna sonora, mentre gli spinelli passano di bocca in bocca nel buio dell'automobile, e il fratello piacione si porta a letto tutte le ragazze del quartiere. Una cosa non abbiamo capito: perché mai l'Istituto Luce abbia tenuto un simile gioiello chiuso in magazzino per un anno intero. Il film era l'anno scorso a Venezia, segnalato da un calorosissimo passaparola; nel cui ruolo Jennifer Jason Leigh gioca di rimessa finché nel finale non le si offre una scena degna di tanta madre.


promo

Infanzia, vocazione e prime esperienze (anni '60) di un ragazzo canadese, che ha una pericolosa tendenza a finire nel reparto rianimazione degli ospedali... Una famiglia strampalata (la mamma prepara i toast usando il ferro da stiro, il padre non perde occasione per mettersi a cantare Aznavour, i suoi quattro fratelli tracollano tra sesso e droga), una colonna sonora memorabile (Rolling Stones, Pink Floyd, David Bowie, Patsy Cline...). Applausi scoscianti in sala a Venezia 2005.

TORRESINO settembre 2006

ultimo film in programmazione a giugno
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