L'amore buio
Antonio Capuano - Italia
2010
- 1h 50' |
Venezia 67 -
Giornate degli autori
La
videocamera di un telefonino restituisce immagini confuse, sfuocate.
Sequenze buie, appena illuminate dalla scia di un lampione ripreso in
movimento. Un corpo femminile vestito di verde, alcuni ragazzi si
avvicinano con il motorino. Tentano un approccio che diventa violenza. Le
urla e le suppliche di lei si perdono all’interno di un garage. La
saracinesca si chiude. Irene, 16 anni, è stata stuprata. Da quel momento
in poi esisterà per sempre un prima e un dopo: il tonfo sordo della
saracinesca è il rumore della fine, l’inizio di una vita diversa per la
vittima e anche per Ciro, uno dei suoi carnefici. La violenza sulle donne
è il tema scelto da Antonio Capuano per il suo nuovo film
L’amore buio,
presentato alle Giornate degli autori e non in concorso, come avrebbe
voluto il regista. Capuano sceglie di parlarne attraverso le ripercussioni
che lo stupro provoca sui suoi protagonisti, meditando sulle conseguenze
fisiche e psicologiche della violenza. Il regista apre le finestre del suo
cinema al mondo esterno, all’attualità, dove la brutalità viene ripresa e
moltiplicata nelle pagine web, frammentata nei tanti piccoli “cinema
privati” di youtube. Poi le richiude e riflette sulle vite di chi la
violenza l’ha fatta e l’ha subita. Ciro sconta nel carcere minorile di
Nisida la sua pena. Non riesce a dormire, viene vessato dagli amici che ha
denunciato, spinge la sua anima sotto terra, dove non può essere trovata.
Poi, decide di scrivere a Irene, anche lei congelata in una prigione senza
sbarre e senza certezza della pena. Due realtà lontanissime finiscono per
subire una irresistibile attrazione. Attraverso la condivisione della
sofferenza e del dolore, il mondo borghese di lei, apparentemente ordinato
e pulito, si fonde con l’universo popolare e sudato di lui. Capuano segue
le vite dei suoi protagonisti, li tiene per mano. Non mostra la violenza,
ma in ogni sequenza del film si percepisce il peso tragico di due
esistenze segnate, la solitudine che inevitabilmente accompagnerà la loro
crescita. Irene finge di accettare l’aiuto della sua famiglia che si
disgrega, incapace di affrontare il disagio, se non attraverso il
diaframma di amici analisti. Il viaggio verso una normalizzazione sembra
fallire ad ogni approccio del fidanzatino storico di Irene che riapre
squarci nella memoria e fa emergere il dramma di non essere più in grado
di sentire il proprio corpo violato e profanato. Ciro e Irene non si
incontreranno mai, ma i loro sguardi, come nella sequenza finale del film,
si cercheranno per sempre. |
Marco Contino -
Il Mattino di Padova |
promo |
Antonio Capuano
riparte da Napoli, con una storia drammatica: uno stupro di gruppo
è l'incipit della pellicola. Protagonista è un ragazzo, Ciro,
coetaneo di Irene, la sua vittima, che si autodenuncerà per il
fatto, mandando in carcere anche i suoi complici. Un'analisi che
attraverso un evento così doloroso, indagato dalla parte della
vittima e dalla parte del carnefice, ci porta a conoscere due
spaccati diversi di uno stesso ambiente e di una stessa città.
L'uno è recluso nel carcere di Nisida, l'altra riprende la sua
vita nella meravigliosa casa di famiglia in una delle zone belle
della città. Quei due mondi, così opposti e diversi, finiranno con
l'attrarsi, incontrarsi, forse fondersi. |
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LUX
- settembre 2010
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