L'Italia
sta scoprendo un po' in ritardo il cinema di Robert
Guédiguian: ovvero, di uno dei cineasti più «italiani» che esistano, anche
se le sue origini sono armene e il suo cinema è visceralmente marsigliese.
Ma proprio questo è il motivo: Marsiglia respira nei film di Guédiguian
esattamente come il cuore di Napoli batteva nel teatro di Eduardo, e le
due città sono assai simili, sono le vere capitali di una «cultura
mediterranea» che ci accomuna. Se ci si innamora dei film di Guédiguian,
dei suoi personaggi popolari, sgangherati e vitali, la voglia di andare a
Marsiglia diverrà quasi insopprimibile. E se avete amato Marius e
Jeannette, il suo primo film uscito da noi, date almeno un'occhiata
affettuosa a questo nuovo
Al posto del
cuore: è meno divertente,
sicuramente più ideologico (Guédiguian è uomo di sinistra, orgoglioso di
esserlo), ma altrettanto umano e forte. La realtà sociale che descrive è
analoga, gli attori (Ariane Ascaride, Jean-Pierre Daroussin, Gérard
Meylan, Jacques Boudet) sono in parte gli stessi, ma diverso è il tema:
qui si parla, ad alta voce, di razzismo. Tanto che Guédiguian ha più volte
confessato di essersi ispirato (assieme al suo co-sceneggiatore,
Jean-Louis Milesi) all'opera dello scrittore afro-americano James Baldwin.
Bébé e Clim sono due adolescenti e sono innamorati. Solo che lei, Clim, è
figlia di operai marsigliesi rimasti comunisti in maniera inossidabile;
lui, Bébé, è nero, di origine africana. Un brutto giorno, Bébé viene
ingiustamente accusato di stupro da parte di un poliziotto razzista che lo
odia e lo vuole incastrare. Nel frattempo Clim ha scoperto di essere
incinta. E qui scatta là solidarietà di classe: le famiglie dei due
ragazzi si uniscono nel nome della giustizia (mentre, prima, i vecchi
comunisti bianchi avevano più di una perplessità di fronte all'idea di un
nipotino scura... ), per garantire al ragazzo un processo equo. Nel
descrivere i meccanismi psicologici che scattano nelle coppie miste come
quella composta da Clim e Bébé, Guédiguian si affida anima e corpo
all'ironia, ma solo finché sono in ballo i sentimenti: quando Bébé finisce
nei guai, quando insomma scatta il pericolo, africani e marsigliesi fanno
fronte comune. Se vogliamo, l'esito del film è fortemente utopico, e
Guédiguian non lo nasconde: ha voluto, fortissimamente voluto raccontare
una storia in cui la tolleranza e la solidarietà fossero più forti del
razzismo. La Marsiglia di
Al posto del cuore
è la città in cui il regista,
e tutte le brave persone di questo mondo, vorrebbero vivere. La Marsiglia
vera è sicuramente più vera, e nei vicoli del Vieux Port Bébé farebbe
forse una fine ben più grama. Ma il cinema serve anche a sognare: perché
chi la notte non sogna non può trovare, il giorno dopo, la forza di
lottare.
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