Con
facile ironia verrebbe da dire che quella di Mimmo Calopresti è
un'abbuffata di ambizioni. Dietro un'apparente modestia da filmino fatto
in casa: paesino calabrese, tre ragazzi appassionatamente aspiranti al
cinema, un regista deluso (Abatantuono) che è finito lì in volontario
esilio, un attore cialtrone (Calopresti) che dal paesino è partito e torna
da Roma per visitare l'amico. Fellinianamente ciascuno rappresenta per
Calopresti un pezzo autobiografico. |
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uno degli spunti più abusati del cinema riesce a trasformarsi in un estroso balletto sulla nostalgia delle radici. Del resto Mimmo Calopresti sa benissimo che il sogno di «fare un film» produce overdosi di velleitarismo; trapiantando, così, insieme a Monica Zapelli L'invito di Mahmoud Iden nelle natie atmosfere calabresi, sceglie di mantenere lo sguardo e il tono asciutti e lievi, con la macchina da presa sempre vicina ai personaggi. L'energia naif del gruppetto d'aspiranti cineasti cerca di forzare il «non-tempo» paesano, ma poi non può che intraprendere il fatidico pellegrinaggio felliniano.... Il regista dimostra di sapere giostrare in un arco di sfumature e impressionismi morbido ed elastico: la sua solidarietà con i ragazzi suggerisce contrappunti che rendono l'esile commedia insolita e affabile. |
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i giovedì del cinema invisibile TORRESINO gennaio-marzo 2008