A Beautiful Mind
Ron Howard - USA 2001 - 2h 14'

    Supercandidato agli Oscar, un dramma ispirato a fatti reali che racconta quarantasette anni della vita di John Forbes Nash jr., matematico di genio insignito del Nobel. Tra l'ingresso di John all'università di Princeton (1947) e la consegna del premio (1994), A beautiful mind racconta le gioie e i dolori di un uomo eccentrico, anticonformista, irriducibile a un concetto di "umanità" intesa come mera omologazione. Studiando le reazioni ormonali dei suoi compagni alla vista di una bella bionda, Nash formula una teoria che analizza i principi matematici della competizione, influenzando profondamente l'economia degli anni 50. Poi s'innamora di Alicia (Jennifer Connolly), bella e dotata studentessa di fisica, e la sposa. Ma siamo in piena guerra fredda e il brillante matematico è implicato in un affare di spionaggio. Nash vede pericoli ovunque, ma nessuno gli crede: la diagnosi è schizofrenia paranoide. La buona idea del film consiste nell'installare il dubbio nella mente dello spettatore, che resta incerto tra una versione soggettiva e una oggettiva dei fatti. Peccato che il bel gioco duri poco; perché Ron Howard film successivo in archivio, preoccupato di rendere il senso degli avvenimenti accessibile a tutti, banalizza i dubbi chiarendo che si tratta di ossessioni del protagonista. Va bene risparmiare al pubblico dei non-iniziati le complesse teorie matematiche; meno bene trattarlo come una massa di scolaretti, spiegandogli ogni cosa puntigliosamente e concludendo con una tirata benpensante sui miracoli dell'amore coniugale. Così, se la prima parte è coinvolgente e appassiona, la seconda diventa didascalica e un po' noiosa. Privato delle seduzioni dell'ambiguità (vedi anche la scelta di tacerne l'omosessualità), Nash finisce per somigliare a una forma evoluta del matto che si prende per Napoleone. Fortuna che c'è Russell Crowe a suggerirne la complessità offrendogli un paradigma di gesti al confine con orgoglio e vulnerabilità, goffaggine e genio, ambizione e incapacità di trovare un proprio posto nel mondo. È tanto bravo, Crowe, da non risultare mai ridicolo; neppure alla fine, quando ritira il Nobel truccato in modo da somigliare al vecchio Henry Fonda. E il suo "carattere" di antie-eroe è di quelli per cui i giurati dell'Oscar stravedono.

Roberto Nepoti - La Repubblica

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2002