Cristiano
Lucarelli è un calciatore anomalo: da quando ha iniziato a giocare a
calcio da ragazzino, nei giardini vicino al porto, ha sempre inseguito il
sogno di vestire la maglia amaranto del Livorno e di correre sul prato
dell’Ardenza, segnando magari una rete decisiva che porti la sua squadra
lontano dalla serie C dove gioca ormai da oltre vent’anni.
Inseguendo questo sogno Lucarelli decide, all’apice della carriera di
calciatore professionista, di rinunciare ad una cifra pari a un miliardo
di lire l’anno e ad un futuro certo per poter indossare finalmente la
maglia amaranto e cercare di riportare il Livorno in Serie A dopo un
assenza che dura da 55 anni.
Anche Livorno è una città diversa: una città popolare, passionale,
diffidente e orgogliosamente “rossa”, che si snoda tra i cantieri navali e
le gradinate dell’Ardenza, palcoscenico ineguagliabile di personaggi
geniali sempre pronti all’autoironia e allo sberleffo.
Per un livornese la visione del mondo è “Livorno-centrica”: meglio
disoccupati all’Ardenza che ingegneri a Milano, e primo interprete di
questa filosofia di vita è Maurizio Lucarelli, portuale livornese e deus
ex machina delle scelte del figlio.
Non è di Livorno Carlo Pallavicino, il procuratore di Cristiano. Secondo
lui un calciatore professionista non può seguire i suoi istinti e già in
passato alcune uscite di carattere politico di Lucarelli (la maglia di Che
Guevara, il pugno chiuso dopo un gol) avevano rischiato di rallentare la
sua carriera. La scelta di scendere di categoria e di stipendio
rappresenta un caso unico per il calcio moderno che misura le scelte in
termini esclusivamente economici.
La storia ha invece un lieto fine: tra molte difficoltà, sportive e non
solo, Lucarelli riesce nell’intento (inaspettato) di trascinare il Livorno
in serie A, e successivamente di vincere la classifica dei marcatori con
24 reti assicurandogli una tranquilla permanenza nella massima serie fino
ad atrivare, nella stagione in corso, a disputare la Coppa Uefa.
Lo scetticismo di Pallavicino si trasforma in un mea culpa che assume la
forma di un libro: “Tenetevi il miliardo”, (edito da Baldini Castoldi
Dalai con una vendita di 30.000 copie).
Ma la sua posizione, la sua curiosità ed incredulità, rappresenta il punto
di vista comune, quello del miscredente non livornese, che viene travolto
dalla forza dei racconti di Maurizio Lucarelli, del vignettista Emiliano
Pagani, di Franca Sardelli, geniale e sfegatata madrina della tifoseria
amaranto, ma anche, di artisti, di tifosi popolari e personaggi comuni.. |