Con oltre duecento capolavori, provenienti dalle
maggiori collezioni internazionali, inaugurata dal ministro dei Beni
Culturali Sandro Bondi, ha aperto lo scorso settembre la grande mostra
che Parma ha voluto dedicare al genio di Antonio Allegri detto il
Correggio.
Nel corso della prima settimana di apertura ha superato le 100 mila
prenotazioni! "Un gigante della pittura che non voleva giganteggiare", ha detto la
soprintendente e curatrice Lucia Fornari Schianchi che ha presentato
alla stampa con il sindaco di Parma, Pietro Vignali, l'importante
rassegna.
Oltre al percorso complesso e raffinato, che raccoglie nella sede
della Pilotta un centinaio di opere tra disegni e dipinti di Correggio
e altrettante - altri capolavori - dei suoi contemporanei (da Lotto a
Leonardo, per non citarne che due), l'iniziativa, il cui costo si
aggira sui 2,5 milioni di euro, comprende la visita agli affreschi
della Cupola della Cattedrale e della Chiesa di San Giovanni che, per
la prima volta e, probabilmente unica, possono essere ammirati da
vicino grazie a un sistema di ponteggi ed al lavoro di illuminazione
‘personalizzata’ creato per l’occasione da uno dei maestri della luce
del cinema internazionale, il tre volte premio Oscar Vittorio Storaro,
peraltro non di completo gradimento di Eugenio Riccomini, grande
critico d’arte.
Un ‘art gossip’ ha percorso come un brivido l’esposizione fin
dall’inizio: ci sarebbe un falso tra i dipinti di Correggio esposti.
La denuncia arriva, fin dal primo giorno della sua visita al seguito
del ministro Bondi - come lo fu a Venezia 65 - da Vittorio Sgarbi che,
per l'esposizione, ha curato il rapporto con l’altro grande artista e
gloria locale, il Parmigianino, ma non intende dichiarare di quale
opera si tratti. "C'è un comitato scientifico, se la vedranno i suoi
componenti", ha risposto il critico ferrarese, deciso a non dare
nessun altro ragguaglio sul dipinto, né sulla sua provenienza. Il
mistero non è stato a tutt’oggi svelato!
Maria Cristina Nascosi
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Arte Padova, 19ma Edizione della Mostra Mercato di
arte contemporanea della citta del Santo (
13-16 novembre 2008
)
ha confermato anche stavolta il anche stavolta
il suo successo, sia di pubblico che per quanto riguarda gli operatori
del settore.
Circa 200 le gallerie da tutta Italia in esposizione, sempre alla
ricerca di nuovi talenti. Ma notevole anche la presenza e l’offerta di
artisti di rango o, in ogni caso, affermati: da Vedova a Savinio, da
Galliani a Massagrande.
Proprio su quest’ultimo si vuol porre l’accento quale presenza
costante tra mostre ed esposizioni sulla scena artistica italiana,
nonché auutore tra i migliori figurativi contemporanei. Ottimo e
raffinato conoscitore della Storia dell'arte antica e contemporanea,
veneto di nascita, Matteo Massagrande è pittore ed incisore, ma la sua
ricerca ed il suo studio delle antiche tecniche di pittura, di
incisione e all'arte del restauro sono continui. Frequenti i suoi
viaggi in Europa e nel mondo. Ha iniziato ad esporre giovanissimo, nel
1973. Al suo attivo oltre cento personali in Italia ed all'estero. Le
sue opere si trovano in numerosi musei, chiese, collezioni pubbliche e
private. Di recente alcune sue incisioni sono entrate a far parte del
Gabinetto delle Stampe degli Uffizi di Firenze ed ha esposto al Museo
del Santo a Padova.
Forte di una cifra stilistica e cromatica uniche e ben riconoscibili,
Massagrande, che ha da poco compiuto trent’anni di attività, affabula
nelle sue opere, spesso di grandi dimensioni e respiro ancor maggiore,
di mondi quotidiani eppur lontani.
Un anelito di sogno, una nebulosità ricercata, ma pregnante, che
racconta storie vere con la leggerezza di un bimbo che non vuole
perdersi nulla, nemmeno la melanconia che è racchiusa tutta nelle sue
delicate cromìe ormai d’antan. Colori della nostalgia, da cui però non
sono assenti lezioni internazionali – pur se filtrate dalla ben
individuata personalità dell’artista – quali quella di Hopper, il
maestro delle periferie dell’animo umano, autore ‘visibilmente’ noto a
Massagrande.
Ottima la sua monografia èdita di recente da Silvana Editoriale nella
Collana Collezione Contemporanea diretta da Alberto Buffetti che alle
introduzioni di Sandro Parmiggiani e Giorgio Segato unisce i
principali recensori dell’artista: Marco Goldin, Ermanno Olmi, Marco
Vallora, Enzo Siciliano, per non citarne che alcuni.
Ad Arte Padova la galleria che lo presentava era quella di Nino
Sindoni, nata nel 1990 e attualmente collocata in tre sedi ad Asiago.
Tra le altre gallerie da rimarcare la ferrarese Arstudio del portuense
Francesco Pasini, gallerista ed editore da oltre 30 anni, geniale
esempio di imprenditoria e cultura: dalla sua ‘officina’ sono usciti
oltre 150 testi d’arte, letteratura e saggistica; oltre alla sede
locale, Pasini ha aperto alcuni anni fa una galleria di ottimo e
riconosciuto successo a Knokke, nel Belgio: il suo segreto? Proporre
grandi artisti alla… portata di tutti. Un nome o due? Enrico Bay e
Franz Borghese. Prossimamente, in primavera, proprio su quest’ultimo,
artista ormai di fama mondiale, il gallerista inaugurerà un’esauriente
personale forte di quasi un centinaio di eclettici esemplari dell’arte
di Borghese spazianti da olii su tela a disegni, a sculture in bronzo
ad opere di grafica. Il luogo di elezione/esposizione, splendido
quant’altri mai: la Vinaia della Delizia Estense del Verginese di
Gambulaga di Ferrara. Un luogo "ad arte"...
(M.C.N.) |
Ferrara Arte, in collaborazione con la National
Gallery of Scotland di Edimburgo, ha aperto lo scorso novembre una
mostra su Joseph Mallord William
Turner
(1775-1851), considerato dai
più il migliore
tra i pittori romantici.
La sua arte, nata imprescindibilmente dalla suggestione provata
davanti allo spettacolo della natura, è la restituzione di «qualche
cosa di inafferrabile», la creazione di uno spazio del tutto nuovo e
moderno, intriso di luce e di colore, nel quale la prospettiva diviene
impalpabile.
L'Italia ha avuto un ruolo fondamentale nella sua formazione: come per
molti intellettuali ed artisti della sua epoca – ma anche di quella
che seguì – lo stendhaliano "viaggio in Italia", anche per Turner, fu
un passaggio imprescindibile di crescita e di maturazione per la
propria vocazione.
Fin dalla giovinezza e poi durante tutta la sua vita egli fu
affascinato dal nostro paese e dalla sua tradizione artistica. Durante
i suoi soggiorni in Italia, realizzò acquarelli e disegni dal vero che
utilizzò poi come studi preparatori per molte delle sue più belle e
celebri creazioni.
Con una sontuosa selezione di opere, tra cui oli e, per l’appunto,
acquarelli, disegni, incisioni e taccuini provenienti da musei e
collezioni di tutto il mondo, la rassegna si muove sull'intero arco
della produzione di Turner, dai quadri giovanili fino agli ultimi
splendidi capolavori.
In mostra alcune delle più belle tele “italiane” di Turner, tra cui
Roma vista dal Vaticano (1820), dipinto subito dopo il suo ritorno dal
viaggio, Palestrina e La visione di Medea, realizzati entrambi a Roma
nel 1828. Tutti e tre questi quadri sono un prestato della Tate
Gallery di Londra.
Esposta pure una straordinaria Scena di montagna in Val d’Aosta,
prestito della National Gallery of Victoria di Melbourne e la poco
conosciuta Fontana dell’indolenza (1834) dalla Beaverbrook Art Gallery
di New Brunswick, in Canada. Altri prestiti importanti provengono
dalla
Rosebery Collection, dal Louvre
e dalla Royal Academy di Londra.
Il catalogo, èdito da Ferrara Arte, comprende saggi del curatore,
James Hamilton e di Christopher Baker, Nicola Moorby, Jacqueline Ridge.
Le introduzioni di sezione e la cronologia sono sempre di Hamilton.
che ha definito Turner "…un grande artista europeo (…). E penso che
il tempo gli abbia dato ragione…"
(M.C.N.)
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