Heimat
Edgar Reitz - b/n e colore - RFT 1984 - 15h 25'

Heimat, che significa «luogo natale e di residenza, paese d'origine e casa patema» si svolge nella regione dell'Hunsrück (sud ovest della Germania) in un villaggio immaginario di nome Schabbach. In quasi 16 ore di narrazione, dalla fine della Grande Guerra ai giorni nostri ci viene raccontata la storia familiare di tre nuclei (i Simon, i Wiegand, i Glasich) e della comunità intera di contadini, attraverso le cui gesta anonime è la storia tedesca contemporanea che si rivela e prende corpo. La ricerca di una memoria storica, individuale e collettiva, si fonde, in Reitz, all'alta consapevolezza circa le soluzioni espressive adottate: un’epica del quotidiano che compone il grande affresco di Heimat.

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L'EPOPEA DI SCHABBACH

1 - Nostalgia di terre lontane (1919-1928)  2h

Al suo ritomo a Schabbach dalla prigionia, nel 1919, Paul Simon ritrova il padre, la madre Katharina, il fratello Eduard e la sorella Pauline. Si innamora di Apolonnia, ma poi sposa Maria Wiegand, la figlia del borgomastro, dalla quale ha due figli: Anton ed Ernst. In un caldo giorno d'estate, Paul Simon esce di casa: alla moglie dice di voler andare a bere un birra.

2 - Il centro del mondo (1929-1933) 1h 30'

Rimasta sola, Maria alleva i figli. Eduard, recatosi a Berlino per curarsi i polmoni, incontra in un locale malfamato Lucie e la sposa. Insieme tornato a Schabbach, dove - come lei noterà - tutto è ancora intatto. Anche le celebrazioni per l'ascesa di Hitler al potere non sembrano ledere l'innocenza del posto. Solo Katharina, la vecchia madre capisce la situazione: "Si deve avere anche paura d'andare a dormire"

3 - Natale come mai fino allora (1935) 58'

Intanto Eduard, nel partito nazionalsocialista già dai tempi di Berlino, diventa borgomastro. Le ambizioni di Lucie sono soddisfatte dalla costruzione di una grande villa, ma la donna vorrebbe che il marito facesse carriera a Berlino. Quando Wielfried Wiegand, il fratello di Maria, addentro al potere in quanto ufficiale delle SS, racconta di un viaggio che i suoi capi intendono compiere nella regione, lei perde quasi la testa pensando di ospitarli. I "grandi" del Reich arrivano davvero, ma ripartono quasi subito, senza nemmeno assaggiare i gustosi manicaretti alla berlinese preparati per la circostanza. "Mai che succeda qualcosa in questo Hunsrück di cui una persona possa sublimarsi".

4 - Via della Alture del Reich (1938) 58'

Nel '38 arrivano seimila uomini per costruire una via militare tra Coblenza e Treviri. Tra questi l'ingegnere Otto Wohleben. Maria ha adesso 38 anni: "Io il coraggio ce l'avrei e comincerei di nuovo daccapo". Ad una serata di ballo nella sala del villaggio, Otto e Maria si confessano il loro reciproco amore.

5 - Scappato via e ritornato (1938-1939) 59'

In autunno giunge una lettera di Paul dall'America: ha fatto fortuna e a Detroit possiede addirittura una fabbrica. La lettera provoca più sgomento che gioia. La felicità di Maria è ancora una volta sconvolta, anche perché Otto deve ripartire. Il 1 settembre 1939 Hitler dichiara la guerra alla Polonia..

6 - Fronte interno (1943) 59'

Tutti gli uomini sono al fronte, tranne i malati e Wielfried, dirigente della locale sezione del partito. Martha, la ragazza di Anton, giunge a Schabbach in avanzato stato di gravidanza. Maria accoglie la ragazza e le mostra anche Hermann, un bimbo di 4 anni avuto da Otto. Il matrimonio tra Martha e Anton avviene per procura. Ernst, che è aviatore, getta sul villaggio un mazzo di cinquanta garofani destinati alla sposa e Lucie prolunga il ricevimento nuziale con un concerto nella sua villa.

7 - L'amore dei soldati (1944) 59'

Incaricato di un'azione, Otto predispone il viaggio in modo da poter pernottare a Schabbach. Nella notte, stormi d'aerei sorvolano la regione. Stretti l'uno all'altro Otto e Maria ripensano ai tempi felici. Arriva il giorno e con esso anche l'ora dell'addio. Otto disinnesca la sua "ultima bomba". Di lì a poco tempo finisce la guerra: gli americani requisiscono la villa di Lucie.

8 - L'americano (1945-1947)  1h 42'

La gente s'abitua in breve tempo alle forze d'occupazione. Nell'estate del '46 arriva in paese una limousine, da cui scende un uomo in cappotto di cammello. Chiama i Simon; vista la porta chiusa si reca nella fucina e da un colpo di martello sull'incudine così che tutto il villaggio ne riecheggia. Katharina, che era al cimitero sulla tomba del marito, capisce all'istante che Paul è tornato. Nella cucina della casa dei Simon, gremita di gente. Maria e Paul passano tutto il tempo a guardarsi. Ma le cose non saranno più come prima. Torna Anton dalla Russia, Paul riparte. La successiva morte di Katharina è la fine di un'epoca.

9 - Il piccolo Hermann (1955-1956) 2h 18'

I tempi nuovi mutano la vita dei tedeschi più di quanto non abbia potuto la guerra. Il mondo è suddiviso secondo nuove regole e anche i Simon se ne assicurano una parte. Anton è proprietario di una piccola azienda. Ernst commercia in legnami con i soldi fatti con la borsa nera. Hermann, il terzo figlio studia: scrive poesie, legge i filosofi, ha amici intellettuali. Cominciano anche per lui i turbamenti del sesso: la sua prima esperienza sarà con Klàrchen, che rimane incinta e lascia l'Hunsrück senza dire niente. Per rivederla, Hermann percorre in bicicletta più di 250 km. L'ostilità dei suoi lo decide a rompere ogni rapporto con Schabbach.

10 - Gli anni ruggenti (1967-1969) 1h 22'

La fabbrica di Anton si è ingrandita in modo tale da far gola ad un consorzio, che avanza un'offerta di 60 milioni. Anton si consiglia col padre, che vive a Baden-Baden; là incontra anche Hermann, diventato un giovane compositore. Il suo concerto, trasmesso alla radio, sconcerta un po' tutti per la modernità. Solo Glasich, lo "stupido" del paese, vi ritrova il cinguettio degli uccelli e il rumore dell'acqua.

11 - La festa dei vivi e dei morti (1982) 1h 40'

Muore Maria. Dopo anni di assenza da Schabbach, tornano per il funerale Hermann e Paul e tutti i membri della famiglia Simon sono finalmente riuniti per la sagra annuale del villaggio: anche i morti si ritrovano a far festa coi vivi...


 

     Orrori e dolcezza della casa paterna

     La ricerca di una memoria storica, individuale e collettiva, si fonde, in Heimat, all'alta consapevolezza circa le soluzioni espressive adottate. Edgar Reitz è riuscito così a tenere sotto controllo quasi 16 ore di narrazione (ricavate da un totale di materiale girato pari a più di dieci volte tanto) comunicando con grande abilità compositiva tutta la sua partecipazione emotiva personale alle vicende messe in scena [...]
Heimat, che significa «luogo natale e di residenza, paese d'origine e casa patema» si svolge nella regione dell'Hunsrück (sud ovest della Germania), terra natale di Reitz, in un villaggio immaginario di nome Schabbach. Dalla fine della Grande Guerra ai giorni nostri ci viene raccontata la storia familiare di tre nuclei (i Simon, i Wiegand, i Glasich) e della comunità intera di contadini, attraverso le cui gesta anonime è la storia tedesca contemporanea che si rivela e prende corpo. È la possibilità della composizione di una sorta di epica del quotidiano ad affascinare Reitz, il quale vuole, attraverso questo grande affresco, restituire tutta la dignità che compete a quella dimensione privata dell'«essere tedesco», sempre sacrificata ed annullata a fronte dell'immagine pubblica riconosciuta alla Germania e alla sua gente  [...] Schabbach è un villaggio inesistente, immaginario, e dunque marcato nel suo statuto pienamente simbolico, così come lo sono i personaggi che si diversificano, nascono, crescono, muoiono nel corso della storia. Schabbach è dunque la Germania, in una voluta e fertile coincidenza tra l'immagine di quest'ultima e il recupero di un'«anima» tedesca tutta da riscoprire nelle sue regioni rurali più profonde.
Reitz è riuscito a lavorare dall'interno le situazioni e i personaggi fino ad assimilare la perentorietà del simbolico nell'adeguamento minuzioso e «realistico» alla vita anonima e riservata di un qualsiasi villaggio contadino. Il sentimento prezioso del vissuto che ci rende familiari ed emotivamente vicini tutti i personaggi, è stato raggiunto anche grazie alla
permanenza nella regione delle riprese per lungo tempo (la lavorazione del film, dalla stesura del soggetto all'edizione definitiva, ha richiesto 5 anni e 4 mesi di lavoro; le riprese sono durate dal maggio '81 al novembre '82), all'utilizzazione di attori professionisti unitamente agli abitanti dei luoghi, dunque ad un profondo senso di armonia raggiunto tra l'intera troupe e l'ambiente circostante (geografico, etnico, culturale). La «semplicità affascinante del risultato è, come sempre, in questi casi, il frutto di una complessa combinazione di elementi, che Reitz ha saputo padroneggiare con rigore compositivo esemplare
.
Di tutto il materiale girato, solo poco più della metà è a colori; il film esibisce per tutta la prima parte (fino al termine della seconda guerra mondiale) una netta preponderanza del bianco e nero, in cui irrompono singole inquadrature o brevi scene a colori. Questi sprazzi cromatici possono, di volta in volta, avere ruolo d'interpunzione tra singoli episodi, o rispecchiare un piacere pittorico per improvvise aperture esteticamente preziose [...] Nella seconda parte il colore è sempre più presente (proprio come nei medesimi anni accadeva nella storia del cinema), fino ad imporsi completamente; è ora il bianco e il nero a rivestire la magia dei ricordi o ad impreziosire situazioni particolari. Reitz usa il colore e il bianco e nero alla luce di una consapevolezza acquisita ed elaborata attraverso la riflessione e le esperienze condotte dal cinema degli ultimi anni, in Europa ma anche in America.
Una nota, infine, riguardante Hermann, ultimo figlio di Maria Simon; vale a dire sulla figura dell'artista che prende coscienza della propria diversità e si allontana irrimediabilmente dall'originario nucleo d'appartenenza. Il suo ritorno, in occasione del concerto registrato nella profondità della miniera, è metafora di una discesa alle radici nascoste di quell'«anima tedesca» certamente mai rinnegata, anzi rimasta quale componente del suo lavoro artistico, nel corso del tempo e a contatto con culture ed esperienze sempre più distanti, sia geograficamente che storicamente.

Adriano Piccardi - cineforum


aprile/giugno 1993

ottobre/novembre 2015


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