Servito
fresco fresco dalla Settimana internazionale della Critica
dell'ultimo festival di Cannes, dalla quale è uscito superpremiato,
XXY
indica nel titolo una formula genetica (tra un attimo ci spiegheremo
meglio). Ricordiamo intanto che è diretto da una regista trentenne di
Buenos Aires che si chiama Lucía Puenzo ed è la figlia di quel Luis Puenzo
che vinse l'Oscar vent'anni fa con il film
La historia oficial,
che fu uno dei primi contributi di grande risonanza internazionale alla
conoscenza della tragica dittatura argentina degli anni 70-80.
Protagonista della storia ambientata sui suggestivi sfondi naturali della
costa atlantica, è Alex, 15 anni, nata o nato ermafrodito, cioè con
ambedue i sessi. I suoi genitori hanno preferito lasciare la metropoli per
venire a stare in quest'angolo appartato. Ma anche qui, raggiunta
l'adolescenza, è difficile proteggere non tanto il segreto - perché
nessuna vergogna è stata imposta ad Alex - quanto la serenità e la libertà
e il tempo di capire e di scegliere. Più incline del padre a prendere
provvedimenti che indirizzino Alex verso la femminilità - già favorita da
trattamenti ormonali - la madre invita un amico chirurgo plastico con la
moglie e il figlio coetaneo di Alex. Sottile è il modo di esprimere la
silenziosa tensione tra i due uomini, il chirurgo attratto con fredda
professionalità dalla particolarità del caso e il padre ossessionato da
una profonda sofferenza ma sempre e ruvidamente fermo nel difendere la sua
creatura da ogni sguardo morboso e indiscreto. |
Paolo D'Agostini - La Repubblica |
i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2007
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