da Film TV (Emanuela Martini) |
...Una commedia popolare nella quale si piange molto, o un dramma familiare dagli echi antichi disseminato da scene di comicità irresistibile. Concretissimo, nei colori, negli umori, nei cibi preparati con lo stesso coltello da cucina con il quale un uomo è stato ucciso (e ne valeva la pena), nei corpi stordenti o insignificanti delle protagoniste, nei loro sentimenti, ricordi, azioni, Volver è anche un film completamente surreale, nel quale un fantasma si materializza al punto che, per sottrarsi agli sguardi indiscreti, deve nascondersi sotto il letto, e gli omicidi non lasciano tracce nelle coscienze, ma solo tombe seminate in giro, e la morte, che domina fin dalla prima inquadratura, finisce per essere solo un aspetto (anche se sostanzialmente incomprensibile) della vita. Gli sguardi si intrecciano in campo controcampo, madri e figlie si parlano, sedute fianco a fianco su una panchina, di notte, o alla tavola apparecchiata della cucina, i mulini a vento della Mancha segnano i ritorni al paese, un primo piano fissa le lacrime negli occhi di Penélope Cruz o la consapevolezza in quelli di Carmen Maura: Almodóvar ormai ha la grande semplicità dei classici. |
da L'Unità (Alberto Crespi) |
Finiamola
qui: diamo la Palma d'oro a Pedro Almodóvar
e torniamo tutti a casa. Sarà
difficile vedere a questo festival un film più bello di
Volver;
e poi, Pedro corteggia leoni e palme invano da più di trent'anni. Qui a
Cannes. avrebbe meritato di vincere già con Tutto su mia madre, ma il massimo premio sarebbe ancora più
giusto per
Volver,
che chiude un ciclo nella sua carriera, un viaggio verso la semplicità che
l'ha portato a girare il suo film più secco e più personale. Almodóvar è
stato per un paio di decenni un grande «eccentrico» del cinema. Piaceva
perché liberava il cinema spagnolo da mille lacciuoli imposti dal
franchismo ed esprimeva in modo sfacciato l'anima della movida. Con lui
irrompevano nel cinema spagnolo i gay, i trans e le donne in crisi di
nervi; e pareva, lui stesso, un cineasta-freak uscito dai suoi film, come
se non ci fosse il minimo stacco fra l'Opera e l'Autore. Con
Tutto su mia
madre, la svolta: il film era insieme divertentissimo e toccante, e calava
i personaggi estremi in un vissuto sincero e doloroso. Parla con lei e
La
mala educacion hanno confermato la tendenza;
Volver, la esalta,
cancellando ogni stravaganza (qui i personaggi sono quanto di più
«normale» e quotidiano si possa immaginare) e raccontandoci la Spagna di
oggi con una verità, e un umorismo, degni di un De Sica. Anche se meno
«fiammeggiante» dei precedenti,
Volver è il film più bello di questa fase,
quindi – tenetevi, l'affermazione è forte - il suo capolavoro. |
da Il Messaggero (Gabriele Ferzetti) |
...Il tutto, ecco la vera sorpresa, evitando gli eccessi, le citazioni e i trucchi di regia cui il cinema di Almodóvar ci aveva abituato, anzi dimostrando una sobrietà, una semplicità, una sicurezza che sono il segno di una nuova maturità. Quella che permette al regista spagnolo non solo di mescolare i generi e i toni più diversi con naturalezza miracolosa, ma di distillare sentimenti così profondi che anche la trama più feuilletonesca diventa metafora degli affetti, dei dubbi, dei rimpianti che circolano più o meno apertamente in ogni famiglia. Con la semplicità delle cose di tutti i giorni cui finiscono per mescolarsi (è anche il senso della meravigliosa canzone di Gardel che dà il titolo al film) le grandi domande dell'esistenza. "Cose di donna", dice Penelope Cruz in una scena per tagliar corto. Come dire niente, un nonnulla. Ma in quel niente c'è tutto. |
cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2006