Viviane
(GETT le procès de Viviane Amsalem) |
Scritto e diretto da Ronit e Shlomi Elkabetz, il film racconta di una violenza antica e silenziosa, che non è solo israeliana, ma che in Israele è evidente per il fatto che il matrimonio non vi è regolato da norme laiche, ma solo religiose. (...) Su tutto questo i fratelli Elkabetz avrebbero potuto girare una sorta di pamphlet, un film di denuncia civile. Invece, per loro e nostra fortuna, hanno preferito immergersi nell'umanità dei protagonisti (e dei molti personaggi secondari, tutti resi da splendidi attori e attrici). (...) La macchina da presa si muove in mezzo a loro, guardando con i loro occhi, e vedendo non solo tragedia, ma anche commedia e farsa. |
Roberto Escobar - L'Espresso |
Se pensate che nulla sia più appassionante di un 'courtroom drama' americano, forse non avete ancora visto un film giudiziario israeliano. Altro che arringhe, giurie popolari, giudici umorali e mi oppongo vostro onore. Qui i giudici sono tre rabbini, l'unica fonte del diritto è la religione, almeno nelle cause di divorzio. E i contendenti, i testimoni e perfino gli avvocati devono stare attenti a ciò che dicono e come si vestono. Perché «qui siamo tutti imputati», almeno in potenza, e i rabbini non scherzano. Tanto più che per la legge ebraica nei divorzi l'ultima parola spetta al marito, che in base a una tradizione risalente al Deuteronomio può accordare o meno alla moglie il 'ghet', ovvero il ripudio. Che i coniugi siano religiosi o meno, sottolineiamo. Ne sa qualcosa la povera Viviane (Ronit Elkabetz, attrice meravigliosa e ancora una volta coautrice del film insieme al fratello Shlomi, con cui forma una delle coppie più interessanti del cinema mondiale). (...) lo spettatore cerca di tener dietro a un film che suggerisce mille possibili interpretazioni con un'economia di mezzi stupefacente. Tutto è segno, infatti, in questo film-processo generoso quanto rigoroso che a tratti sembra una pièce di Eduardo girata da Dreyer. Gli sguardi, i silenzi, gli abiti, i colori, i gesti, teatrali o trattenuti (guai a sciogliersi i capelli...), le voci. Ma anche i sentimenti che lampeggiano, più o meno decifrabili, negli occhi dei coniugi. E in quelli di tutti, perché può capitare che un teste accusi l'avvocato di amare segretamente Viviane, gettando su entrambi un sospetto gravissimo. Che il film si guarda bene dal confermare o smentire, facendo di quella che altrimenti sarebbe solo una sacrosanta requisitoria in favore della parità dei sessi un romanzo affollato di storie, passioni, atti mancati, cui un gruppo di attori fantastici dà tutti i sapori e le emozioni del mondo. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
Ultimo capitolo di una trilogia scritta e diretta con il fratello Schlomi dall'attrice Roni Elkabetz (Viviane), il film si svolge dentro un'aula giudiziaria, scandito in scene introdotte da sottotitoli che indicano lo scorrere del tempo fra un'udienza e l'altra su una durata conclusiva di cinque anni. Tuttavia, nonostante la struttura teatrale, coinvolge e intriga come un thriller vuoi perché, in un'alternanza di registro comico e drammatico, i dialoghi sono abilmente giocati su un ambiguo intreccio di verità contrastanti; vuoi perché i personaggi (avvocati, giudici, parenti e amici chiamati a testimoniare) sono ben ritagliati; vuoi perché la macchina da presa si sposta sul filo degli sguardi creando uno sfaccettato sottotesto di puro cinema. Al centro un memorabile ritratto di donna trasparente, forte, determinata; sullo sfondo un paese moderno che cela una mentalità arcaica. È il film che rappresenta Israele all'Oscar: una scelta davvero illuminata. |
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa |
Viviane è uno di quei film miracolosi in cui sembra non succedere niente e invece avvince con momenti drammatici e ironici, con una intensa sceneggiatura e attori eccezionali: specialmente lei, Viviane, l'attrice Ronit Elkabetz, che è anche sceneggiatrice e regista del film assieme al fratello Shlomi. (...) La battaglia tra Viviane ed Elisha (Simon Abkarian ) e tra i due difensori, per lui il fratello Shimon (Sassen Gabay), per lei il bell'avvocato Carmel (Menashe Noy) è fatta di parole, di silenzi, di sguardi: irridenti, inflessibili, torvi quelli del marito, sofferenti, ostinati quelli di lei. Viviane ha una bellezza nobile e stanca, un viso pallido e intenso, meravigliosi capelli neri, che la religione considera un' arma di seduzione scandalosa, raccolti sulla nuca e che in un momento di stanchezza e sfiducia lei scioglie e accarezza, un gesto sfrontato davanti ai rabbini che la richiamano immediatamente. Anche gli abiti segnano il crescere della sua insofferenza e voglia di ribellione. Prima vestita castamente di nero e in pantaloni, poi con una camicia bianca femminile, e ancora con le belle gambe nude e i tacchi alti o con una fiammeggiante camicia rossa. Alla fine porterà delle babbucce piatte, come per affrontare un futuro di libertà ma anche di rinuncia... |
Marianna Cappi - mymovies.it |
promo |
Il processo di Viviane Amsalem narra del
lungo calvario giuridico che la donna deve affrontare per ottenere il
divorzio dal marito Elisha. L'uomo, infatti, nonostante la lunga
separazione non vuole dare il suo consenso davanti alla Corte rabbinica,
'unica autorità giudiziaria competente per i casi di divorzio in Israele.
Viviane, decisa a lottare per la sua libertà e soprattutto per la sua
dignità, dovrà fronteggiare, con il suo avvocato, l'atteggiamento
intransigente di Elisha, ascoltare i testimoni chiamati a deporre,
sottostare alle estenuanti e assurde procedure del tribunale... |
LUX - dicembre 2014 |