Tideland – Il mondo capovolto
Terry Gilliam - Canada/Gran Bretagna 2005 - 2h

   Il senso della vita, Terry Gilliam, non l'ha trovato con i Monty Python. Lì il suo talento è esploso, si è scontrato con altri cinque geni, ha contribuito alla creazione di capolavori cinematografici, televisivi, comici. Quattordici anni di leggenda, dal Flyng Circus all'immenso Brian di Nazareth. Ma Terry Gilliam, come e più di quei compagni di viaggio, è molto altro. È uno storico, è un cartoonist, è un cinematografaro a tutto tondo (scrive, produce, dirige da sempre). Ora che va per i 70 non ha rallentato e continua a far l'amore con il cinema, nonostante per lui sia sempre stato un amante bizzoso e pericoloso. Brazil, La leggenda del re pescatore, Le avventure del barone di Munchausen, Paura e delirio a Las Vegas, L'esercito delle 12 scimmie. Capolavori. Eppure pochi di questi film hanno avuto un riscontro immediato, critica e botteghino sono stati avari con questo genio. Un perdente di successo, o viceversa, come dimostra Lost in la Mancha, struggente documentario su La mano che uccise Don Chisciotte, suo film con Johnny Depp, incompiuto per un'incredibile susseguirsi di catastrofi (e tutt'ora bloccato da controversie legali). Brillante metafora di una carriera, di una vita senza rete. Iconoclasta e visionario, estroso e surreale, per il cinema Gilliam è pronto a perdere anni, soldi, serenità. Così è successo (anche) per Tideland, fermo da ben due anni e ora in sala in Italia appena 25 copie per il coraggio di Ubu cinematografica. Il regista incontrò il bellissimo e folle romanzo di Mitch Cullin attorno al 2000, l'autore glielo spedì per avere una frase del suo idolo in quarta di copertina. Ottenne due parole: «Fottutamente brillante». La storia di Tideland è quella di Jeliza-Rose (Jodelle Farland, un'attrice a cinque voci, straordinaria), incrocio tra un'Alice nel paese degli orrori e una Dorothy senza mago di Oz. Ha quattro teste di bambola come amiche, a cui dà voce e pensieri, è una bimba in fuga. Baby sitter di genitori junkies, prepara loro quotidianamente dosi di eroina con infantile accuratezza. Fugge col padre Noah (Jeff Bridges) in campagna, dove troverà l'amore in un piccolo adulto svitato ed epilettico (Brendan Fletcher, che bravo!) e una nuova vita grazie a uno squalo, d'acciaio. Una fiaba nera, racconto di amori disperati e realtà avvilenti a cui supplire con fantasie eroiche. Un mondo parallelo fatto delle parole, dei sogni e delle speranze di una bambina incredibile, adorabile e mai melensa, malata di una fiducia irriducibile nella sua ipervisione della realtà. Gilliam subisce molte influenze: dal Laughton de La morte corre sul fiume (un cult che fallì commercialmente, guarda un po') ai suoi amati fratelli Grimm, con Jeliza-Rose che in qualche modo non è lontana dalla determinata, quasi feroce innocenza di Gretel. L'ex Monty Python racconta una storia dolorosa di disagio con la forza visiva ed emotiva di sempre, più intimista e meno esplosivo del solito, confezionando un piccolo capolavoro, un'opera deliziosamente cinica, un gioiello di capacità registiche e narrative. Senza paura, come disse di lui Matt Damon, di «gettarsi nel fango per il suo film». Gran bella favola, nonno Gilliam.

Boris Sollazzo - Liberazione

    Provocatorio, offensivo, romantico. Il capolavoro di Terry Gilliam arriva finalmente in Italia (ultimo paese al mondo!). Fiaba nera, imperdibile e indipendente, Tideland - Il mondo capovolto (2005) è uscito in 25 copie e la neonata Officine Ubu, che distribuisce, non può diffonderlo ovunque… E una storia sconvolgente che, aggrappandosi a Lewis Carrol, diventa sostenibile. E che lancia Jodelle Ferland, star di 9 anni e mezzo della tv canadese, qui capace di trasformarsi in l9enne o 30enne a seconda delle necessità del copione, lì dove la situazione potrebbe traumatizzarla ed è invece lei, aiutata dalle sue 4 bamboline dalla testa mozza, a traumatizzarci con innocenza feroce (a 9 anni si metabolizzano da dio i telefllm, meglio degli adulti). Tideland un western d’oggi, dark e d’amore, in cui le lucciole hanno un nome e si nuota, preferibilmente in aria e sotto terra. Pauroso, ma dalla luce gialla radiante, che non lascerà nessuno indifferente si amerà o si odierà. Sentimenti estremi, introvabili all’uscita dei multipiex ormai, quasi proibiti. L’epilettico Brendan Fletcher, la nemica delle api Janet McTeer e la schizzata Jennifer Tilly nel cast. Tideland («La terra della marea») è tratto dal bestseller profetico (è impregnato di immagini dei disastri a venire), scritto nel 2000 dal trentenne texano Mitch Cullin. Lo scrittore fa capolino in una scena, sull’autobus, seduto dietro a un impresentabile e maleodorante Jeff Bridges, il «Mastroianni di Terry Gilliam», che dirige esibendo «la bontà e il mostro» che sono in noi e in una rock star, metà rosa e metà nero, trasformandolo nel protagonista meno imbalsamabile dell’anno. In Tideland c’è tutto quel che angoscia oggi il cittadino d’Occidente: eroina, anoressia e overdose; terrorismo, necroflila e putrefazione della carne; petomania, pedofilia e violenza ai minori; follia, lobotomia e esotismo; eppure è un film che dice un grande sì alla vita. E rovescia il nostro modo di trattare l’infanzia solo come vittima sacrificale (leggi dati Onu), mentre è anche un unghiuto osso duro. Lo scopo è anche «offendere» la religione, per l’esclusiva che pretende di avere sulla morte. Provocare è, al contrario, un valore dell’Occidente, la libertà di parola e di espressione fino all’offesa… E, iconograficamente, questa fiaba nera è molto ricca e provocatoria. C’è dentro Alice nel paese delle meraviglie e Psycho di Hitchcock, testoline semi-Barbie surrealiste, e dunque Svankmeyer; Bunuel del Cane andaluso e Walt Disney, l’adorato maestro di Gilliam (che è soprattutto un cartoonist), visto lo scoiattolo parlante. Il clima è da Zazie di Queneau. Molto citato il pittore gotico delle praterie, Andrew Wyeth, a cui il direttore della fotografia, il «nostro» esule Nicola Pecorini, ha aggiunto fish-eye, dinamismo da sublime steady-cameraman e un po’ di acido lisergico degno di Paura e delirio a Las Vegas. La luce e i campi di grano sono autobiografici, ricordano il natio Minnesota del regista (ma il set è in Canada, perché solo lì Gilliam ha trovato la produttrice, con sensibilità e coraggio adeguati all’impresa). Il regista inglese (ha appena rinunciato alla seconda cittadinanza Usa) che viene da Monty Phyton e passa per Brazil, Il senso della vita, Munchausen e altri capolavori né mainstream né underground, lo ha re-interpretato usando uno schema che, per ritmo narrativo, è antitetico alle leggi «aristoteliche» di Hollywood. Il metodo Gililam è un fluxus continuo: 1. catturare subito il pubblico - 2. tenere costantemente desta l’attenzione, con ogni trucco - 3. finire con qualcosa di memorabile. Missione compiuta.

Roberto Silvestri - Il Manifesto


promo

La storia di Tideland è quella di Jeliza-Rose, incrocio tra un'Alice nel paese degli orrori e una Dorothy senza mago di Oz. Ha quattro teste di bambola come amiche, a cui dà voce e pensieri, è una bimba in fuga. Babysitter di genitori junkies, prepara loro quotidianamente la dose con infantile accuratezza. Fugge col padre (Jeff Bridges) in campagna, dove troverà l'amore in un piccolo adulto svitato ed epilettico e una nuova vita grazie a uno squalo, d'acciaio. Una fiaba nera, racconto di amori disperati e realtà avvilenti a cui supplire con un mondo parallelo fatto di parole, speranze e sogni: quelli di una bambina incredibile (adorabile e mai melensa la piccola Jodelle Farland), quelli di un regista (Gillian) che sa raccontare una storia dolorosa di disagio con la forza visiva ed emotiva di sempre, più intimista e meno esplosivo del solito, confezionando un piccolo gioiello di creatività registica e narrativa.

TORRESINO - novembre 2007
PRIMA VISIONE

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