Thomas
in love (Thomas est amoreaux) |
da Film Tv (Fabrizio Liberti)
Il mondo è in una stanza, a portata di mouse, e viaggia attraverso una super rete telematica pronta a risolvere tutti i problemi di Thomas, che da tre anni vive lì rinchiuso per una forma acuta di agorafobia. L'assicurazione consente a Thomas di avere, attraverso la rete, tutto ciò di cui ha bisogno, anche il sesso, affidato alle cure esperte di Clara, sensuale pin-up virtuale. Una madre ossessiva come quella di Sam Lowry in Brazil e uno psicoanalista invadente che lo iscrive ad un club d'incontri, tentano di farlo uscire da quell'ostinato isolamento, ma in queste cose solo l'amore può fare miracoli. Si tratta di un film curioso, composto da piano sequenza digitali dello schermo del computer, interminabile soggettiva del protagonista. Una riflessione acuta e ironica, sui risvolti di un mondo reale che la tecnologia tende sempre più a trasferire sulla rete, ma anche sul binomio cinema/internet che promette grandi novità produttive e distributive.
da La Repubblica (Roberto Nepoti)
...Parabola sulle difficoltà di comunicazione, Thomas in love è situato in un’epoca imprecisata del futuro: che però s’intuisce molto prossimo. Renders gioca al contrario con le convenzioni del linguaggio cinematografico, riuscendo a ottenere risultati decisamente originali. La cosa più inedita e notevole è il modo in cui la regia riesce a dare uno spessore emotivo a un personaggio di cui sentiamo solo la voce, senza vederlo mai inquadrato.
da Duel (Elisa Venco)
... Una curiosa simmetria lega Thomas in love a The Truman Show: entrambi parlano di una realtà costruita a misura del protagonista, in un caso per ragioni televisive, nell'altro per esigenze patologiche. Ed entrambi terminano con l'uscita dell'eroe, attraverso una porta, verso l'esterno, verso una zona libera dalla schiavitù delle immagini, verso l'amore. Le pellicole sono infatti complementari nel tratteggiare due elementi costitutivi del dispositivo filmico: l'occhio che guarda e l'oggetto osservato. Benché quindi l'oggettività del film di Weir, che è poi quella (presunta) conferita dalla macchina da presa, si rovesci nella soggettiva di Thomas, per il quale i programmi di cybersesso si confondono con le immagini del videotelefono, l'esito è identico: una dimostrazione dell'attuale intercambiabilità della realtà con la sua riproduzione. Il mondo finisce per essere una rappresentazione e all'inverso le rappresentazioni diventano il mondo. Ne consegue una duplice esaltazione della superficialità; dal punto di vista contenutistico (la stereotipia sociale di Seaheaven si accompagna alla satira del New Age e alla mercificazione del sesso in Renders) e da quello formale. E la "piattezza" è funzionale a suggerire che tale proliferare iconico nasconda, alla fine, una drammatica sparizione: quella della realtà oggettiva.
cinema invisibile cinema TORRESINO maggio-giugno 2001