The Congress
Ari Folman - USA 2013 - 2h 2’



 

   Forse The Congress fa della stranezza allucinata e psichedelica la propria cifra con troppo compiacimento. Ma rimane un oggetto originale nel mare di storie proiettate in un orribile futuro fantacatastrofico, in particolare per la sua tecnica mista che accompagna i passaggi narrativi da un mondo a un altro con la trasformazione degli attori in cartoni animati (motion capture). Conferma del talento di Ari Folman. Qui Folman ha tratto ispirazione da un romanzo (...) di Stanislaw Lem, celebre autore ebreo polacco di fantascienza, la cui opera più conosciuta è Solaris ('61) dal quale fu tratto l'omonimo film del russo Andrej Tarkovskij. L'attrice Robin Wright interpreta un'attrice che porta il suo vero nome. (...) A fare da contrappunto la passerella di personaggi maschili che nel passato, nel presente e nel futuro di Robin contano. Il figlio Aaron, Jon Hamm, l'agente innamorato Harvey Keitel, il dottore di Aaron Paul Giamatti, il cinico tycoon Danny Huston, l'ex regista di talento che Robin ritrova a maneggiare la macchina che deve scansionare il suo corpo, il suo sorriso, il suo pianto. Per quanto dispersivo nel suo complicato viaggio (nella psiche, più che nel tempo o nello spazio) è un film affascinante e toccante.

Paolo D'Agostini - La Repubblica

   Ho letto per la prima volta negli anni Sessanta Stanislaw Lem, lo scrittore polacco considerato anche oggi uno dei più importanti autori di romanzi di fantascienza. L'occasione me l'aveva data Andrej Tarkovskij con quel suo splendido film, Solaris, che si era ispirato a un suo romanzo di egual titolo. Oggi è la volta di un regista israeliano, Ari Folman, che rivolgendosi a un altro suo romanzo, Il Congresso Futurista, aveva già dimostrato quanto ne fosse debitore in quel suo primo film Valzer con Bashir, scritto da lui ma poi realizzato con disegni animati creati da David Polonski nelle stesse cifre dei testi di Lem. Ampiamente dichiarate nel film di oggi citando appunto uno dei suoi romanzi. Già lo schema narrativo è lì per farcelo subito intendere. (...) ancora una volta proposta per mezzo dall'animazione firmata ora non più da Polonski, che qui è produttore esecutivo, ma da Yoni Goodman che si è sbizzarrito, a colori e in bianco e nero, a costruire, con immagini molto fantasiose, il mondo o meglio i mondi in cui via via la protagonista è coinvolta. Convincendo sempre con la visione di quelle immagini, molto meno con gli schemi narrativi che le sostengono spesso a dir poco criptici, chiariti solo in parte in un finale in cui, accantonando l'animazione, si torna, come agli inizi, a dar spazio solo ad evidenze realistiche. Robin Wright, nei panni di se stessa, riesce ad imporsi persino quando ce la propongono rifatta a disegni animati.

Gian Luigi Rondi - Il Tempo 



promo

Robin Wright, nel ruolo di se stessa, riceve l'offerta di un grande studio per vendere la sua identità cinematografica che, scansionata e campionata, verrà utilizzata senza restrizioni in vari film di Hollywood. Il ventennale contratto stipulato con la major, per l'attrice non è solo economicamente molto vantaggioso, ma prevede anche che il suo personaggio digitalizzato rimanga giovane per tutta la durata dello stesso. Per 20 anni, quindi, la reale Robin Wright si ritira a vita privata per poi riapparire in qualità di ospite d'onore al Congresso della Miramount-Nagasaki, in un mondo completamente trasformato. Bei dialoghi, gioco sapiente tra finzione e realtà, considerazioni filosofiche sull'impossibilità di distinguerle, ormai. E il dramma/dilemma che avvolge la protagonista quando va a trovare il suo doppione e si ritrova catapultata in un mondo di animazione 2D… Cartoline da un vicino futuro.