Nel
corto da lui realizzato per Venezia 70 Future Reloaded Schrader
si autoriprende mentre passeggia per New York, indossando un
esoscheletro di microcamere e parla di cinema: “Viviamo in un mondo
di icone sintetiche, il cinema cambia pelle continuamente, anche le
sale cambiano o chiudono...”
Ed è proprio con una struggente successione di immagini dei mitici
movie theatres deco hollywoodiani ormai chiusi e abbandonati che si
apre il suo discusso film
The Canyons.
Queste icone della vecchia Hollywood, che sembrano dei canyon, luoghi
vuoti e deserti, polverosi e pieni di oggetti abbandonati, aprono il
film e ricompaiono a separare le scene, come emblemi del vuoto nelle
vite dei protagonisti, personaggi molto “meno di zero”, dominati dalla
paranoia, dalla vanità e dalla noia, che si riprendono continuamente
con i cellulari, che lavorano nel cinema, ma che di fatto i film non
li fanno e nemmeno li vanno a vedere.
“Perché il film si apre con una serie di cinema chiusi? Un’idea
mia. Voglio che il pubblico capisca fin da subito che questo film non
è stato concepito per la sala, è un film sul post-cinema, sulla morte
della sala cinematografica, nato per essere poi visto su numerose
piattaforme video... Per questo ho deciso di martellare lo spettatore
con queste immagini”(P. Schrader)
Il film,dopo una serie di difficoltà nel reperire i fondi, è stato
infatti finanziato online col crowdfunding, promosso e distribuito
online, rappresenta quindi già su questo piano una rottura col mercato
cinematografico. Rottura che ritroviamo nel modo in cui è stato
concepito e girato, a partire dalla scelta del cast fino allo
svuotamento del genere. Schrader parte da un genere tra i più
codificati del cinema, il
noir,
che lui ha non solo praticato in modo eccellente, ma anche analizzato
e teorizzato, lasciandoci uno dei più completi studi sull'argomento,
per fare una riflessione sul cinema contemporaneo. E non a caso le
reazioni al suo film sono simili a quelle che hanno accompagnato
l'anno scorso, la proiezione di
Passion di De Palma, che comportava
un'operazione analoga e che purtroppo non ha trovato distribuzione
Come Passion, anche
The Canyons forza il linguaggio e i codici del
cinema. Schrader gira a Los Angeles, lavora sui luoghi comuni,
sull’inespressività degli attori, sulla forma patinata, sulla finzione
insopportabile dei gesti stereotipati del cinema hollywoodiano.
La scelta del cast va in questa direzione: volti inespressivi da soap
televisiva, che recitano prevalentemente se stessi, o meglio il loro
stereotipo creato dai media: il porno divo James Deen, l'attrice da
gossip, Lindsay Lohan, la giovane rivelazione televisiva di Glee,
Nolan Funk. I loro personaggi: il produttore figlio di papà, la sua
donna ex attrice perennemente in crisi, il toyboy con scarse speranze
di diventare attore si muovono meccanicamente attorno al copione di un
film che non si farà mai, perchè nessuno ha veramente voglia di farlo,
intrecciando dialoghi costruiti, secondo le intenzioni dello
sceneggiatore Brett Easton Ellis, sulla falsariga delle soap
televisive.
Su di loro si muove, con grande abilità la macchina da presa di
Schrader, che sembra svuotarli di ogni profondità, riducendoli a
figurine come quelle riprese dai cellulari, che si muovono in uno
spazio filmico già rappresentato, già visto, in televisione, nei porno
movie, al cinema, fissati dalla bellissima fotografia di John DeFazio
e accompagnati dalla musica evocativa di Brendan Canning.
Inutile cercare in questo film la tensione morale presente nelle
sceneggiature (Taxi driver,
Toro scatenato..) e nei film di Schrader
(il paragone più immediato è con il bellissimo e struggente Hardcore),
perché
The Canyons è un film disilluso, arrabbiato contro l'evoluzione
dell'industria cinematografica, è un film sulla fine di un'epoca, che
si è lasciata dietro solo macerie, ma che lascia aperti molti
interrogativi.
“Il nostro è un film temerario, contro ogni produzione. Il cinema
del secolo scorso non esiste più e non esiste più nemmeno l’egemonia
delle sale cinematografiche: eppure sono certo che il cinema non sia
destinato a scomparire” (P. Schrader)
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