migliore attrice non protagonista (CATE BLANCHETT) migliore scenografia (DANTE FERRETTI e FRANCESCA LO SCHIAVO) migliore fotografia (ROBERT RICHARDSON) miglior montaggio (THELMA SCHOONMAKER) migliori costumi (SANDY POWELL) |
da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
È noto che,
per il suo immenso
Quarto potere,
Orson Welles s'ispirò largamente alla vita di Howard Hughes. Al capolavoro
di Welles s'ispira Martin
Scorsese; anzi, in via indiretta, lo cita più di
una volta (nelle memorie sepolte della fanciullezza del protagonista, nel
falso cinegiornale.): però
The Aviator non è un capolavoro. E' "solo" un
grande film, che merita certamente un bel po' degli undici Oscar ai quali
è appena stato candidato e tuttavia manca di quella dismisura, di quella
dose di geniale
sregolatezza che ci saremmo aspettati da Martin alle prese
con un soggetto simile. Mettendo in scena vent'anni di vita del magnate
per eccellenza, icona leggendaria e maledetta della storia americana,
Scorsese non ci fa mancare nulla del "mistero Hughes":
tycoon megalomane e
iperdotato, personalità seduttiva e uomo politicamente ambiguo, eroe
dell'aria e bambino autodistruttivo, protagonista di scandali.
Si concede il piacere di girare scene alla maniera della Hollywood del
tempo che fu; fino a riprodurre l'impasto cromatico della fotografia,
senza tuttavia cadere nel feticismo. Realizza un incidente aereo
mozzafiato. Malgrado lo strumento del flashforward, delicato da trattare,
riesce a introdurci per gradi al rovinoso declino dell'uomo, coniugandone
i tratti di ambiguità e complessità con quelli di umanità. Evita i
freudismi e le scorciatoie psicologiche, cosa meno facile di quel che
sembri. Ci offre due ore e tre quarti di grande spettacolo. |
LUX
- febbraio 2005