Suite francese (Suite Française)
Saul Dibb - Francia/Gran Bretagna/Belgio 2014 - 1h 47’



 

   Sono i primi mesi dell’occupazione tedesca della Francia. Nella cittadina di Bussy, la sposa di guerra Lucile Angellier attende in forzata compagnia della suocera, fredda e dispotica, le rare notizie del marito prigioniero. Intanto, Bussy viene invasa dai soldati tedeschi, che prendono alloggio nelle le case degli abitanti. Nella villa di Madame Angellier viene dislocato l’ufficiale Bruno Von Falk. Sulle prime Lucile cerca di ignorare la sua presenza, ma ben presto i due giovani vengono travolti dalla passione.
Il regista Saul Dibb e i suoi produttori hanno deciso di girare in inglese, con interpreti inglesi, una storia pensata e scritta in francese da una scrittrice ebrea nata a Kiev che aveva fatto della Francia la sua patria (e da un suo compatriota è stata tradita e mandata a morire a Auschwitz). Non è possibile considerare accessoria la scelta linguistica, perché è proprio dei francesi che parla il romanzo incompiuto di Irène Nemirovsky, di ciò che la guerra ha fatto loro, ad ognuno di loro, descritto con un pennino da comédie humaine. D’altronde, è una scelta che descrive da sola il tipo di film che Dibb ha confezionato, che si potrebbe riassumere nell’etichetta del “film tratto da un best-seller” che aspira, legittimamente, a replicarne il destino.
In questa cornice illustrativa, dove non sono poche le belle inquadrature e la musica sostiene con misura il ruolo di spicco che le è affidato, la Lucile di Michelle Williams è quello che gli altri francesi non sono più: non è una delatrice, non è un’avida, né un’ingrata. È una donna che resta umana e anzi si schiude veramente solo ora al suo essere donna e creatura umana. Davvero, come recita la battuta più romantica del film, le uniche persone con cui la protagonista e il suo tenente hanno qualcosa in comune, sono l’una per l’altro. Attorno, la guerra ha rotto e corrotto.
Fortunatamente Dibb non stravolge il materiale di partenza e dunque non c’è troppo romanticismo in
Suite Francese: l’amore non è felicità, ma solo l’ultimo rifugio della bellezza (di cui la musica del pianoforte è manifestazione e strumento), in un mondo fatto di orrore e perdita della dignità. A sua volta, la bellezza del film è tutta nella serietà e nella solitudine di Michelle Williams, che si porta in faccia quel mistero che ancora avvolge l’ultimo romanzo di Irène Nemirovsky e del quale è doverosamente impossibile venire a capo.
Rispetto a La Duchessa il passo avanti è palpabile: i costumi e lo stendardo tematico non offuscano la superficie principale del film come facevano là, né attutiscono il suo impatto emotivo. Merito, ancora, di un’attrice come la Williams, di cui non è facile dimenticare l’intensità delle espressioni...

Cristina Piccino - Il manifesto 


promo

Durante i primi anni dell'occupazione tedesca la bella Lucile Angellier, abitante in un villaggio francese, attende notizie del marito prigioniero di guerra. La sua è un'esistenza soffocante, accanto alla suocera, donna dispotica e meschina, ma tutto viene stravolto quando la città viene invasa dai parigini in fuga e dai soldati tedeschi. La casa di Lucile viene occupata da Bruno von Falk, un raffinato ufficiale verso cui la donna non riesce a rimanere indifferente… Certo la confezione è di lusso, ma questo adattamento del romanzone di Irène Némirovsky è duro, secco, composto, quasi privo di compiacimenti. E, anche grazie alle ottime interpretazioni (Michelle Williams e Kristin Scott Thomas), la gamma dei sentimenti e delle debolezze sono descritti con empatica misura, cercando di non cadere nelle secche del romanticismo.

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