Una sperduta stazione ferroviaria del Sud, una
buia notte di pioggia. Nell'ufficio del capostazione, Domenico, irrompe
Flavia, bella, bionda, in abito da sera. Ha litigato col suo uomo e vuole
andarsene al più presto. Domenico ha il profilo sottile, lo sguardo
un po' spaesato, di Sergio Rubini
: è un giovane semplice e metodico,
accompagna il transito dei treni con la serietà di un mestiere tramandato
di padre in figlio e pure con la coscienza della profonda inutilità
del proprio lavoro. Flavia, che ha i lineamenti dolci, l'espressione languida
di Margherita Buy (moglie di Rubini), è un ragazza viziata, ma ormai
nauseata dal mondo lussuoso e falso che la circonda. Nell'attesa del treno
del mattino ci sarà posto per momenti di sincerità e confidenza,
per la violenta rabbia di Danilo (Ennio Fantastichini), il borioso fidanzato,
e per uno spazio romantico, garbato e 'saggio', conscio del ritorno dell'alba
e dell'arrivo di quel treno che dovrà riportare i protagonisti sui
binari del proprio vivere.
"Già dalla prima volta in cui lo sceneggiatore Marino mi
aveva letto il manoscritto della sua commedia La stazione, che poi avrei
recitato in teatro per ben tre anni, avevo avvertito quanto quel materiale
fosse anche 'cinematografico'. All'inizio pensavo ad un film diverso, più
attento a raccontare l'aspetto 'sociologico' dei personaggi, del loro venire
a contatto. Poi però, nel girare tutto chiuso dentro quella notte,
con il fragore dei treni, quel temporale così invadente, gli aspetti
realistici sono in parte passati in secondo piano rispetto a suggestioni,
sensazioni più nascoste. Man mano che il film prendeva forma sembrava
stranamente meno definito, meno specifico. Come sospeso, senza tempo. E'
allora che ho imparato a volergli bene, proprio per quell'aria un po' misteriosa
che aveva assunto".
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