Il caso Spotlight (Spotlight)
Thomas McCarthy - USA 2015 - 2h 3'

VENEZIA 72 - Fuori concorso

miglior FILM
miglior sceneggiatura originale (TOM MCCARTHY e JOSH SINGER)

    Attualissimo, dopo la visita e le parole di papa Francesco negli Stati Uniti, il film di Tom McCarthy sull'inchiesta del Boston Globe che nel 2002 portò alla luce i casi di molestie sessuali a minori da parte di membri del clero della Chiesa Cattolica di Boston.
Al centro della vicenda la sezione investigativa del giornale, Spotlight appunto, capitanata da Walter “Robby” Robinson (Michael Keaton), cui il nuovo direttore (Liev Schreiber), appena arrivato da fuori Boston, affida l'inchiesta su un prete accusato di essersi macchiato di pedofilia negli ultimi 30 anni di sacerdozio. Il caso non è nuovo, ma la determinazione del nuovo direttore e soprattutto la sgradevole sensazione che qualcosa in precedenza sia sfuggito spinge il team, in particolare i due reporter, Michael Rezendes (Mark Ruffalo) e Sacha Pfieffer (Rachel McAdams) a scavare più a fondo, fino a intravedere l’impressionante portata del fenomeno. Il percorso a questo punto si fa accidentato e porta i giornalisti a scontrarsi naturalmente con ostacoli esterni, ma anche a riflettere su freni e limiti che possono venire dall'interno. Uno dei temi al centro del film è infatti la crisi del giornalismo d'inchiesta. Se la stampa ha spesso la responsabilità di “creare la notizia”, ha anche quella di “ on crearla”, cioè di non cogliere o lasciar cadere situazioni e fatti che possono rivelare problemi scottanti. Qui il regista fotografa ancora un momento luminoso del giornalismo d'inchiesta, ma lo presenta come una sorta di canto del cigno, affidando al personaggio di Michael Keaton il compito di sondare i chiaroscuri della questione e facendone la figura più interessante del film.
Più deboli invece gli altri protagonisti. Certo si tratta di un film corale, al cui centro è l’inchiesta, ma con un cast così ricco di attori interessanti la sceneggiatura avrebbe dovuto fare qualcosa di più: la personalità dei personaggi viene invece più dichiarata che fatta percepire dallo spettatore, che quindi prova poca empatia per loro. D’altro canto il punto debole del film è proprio la costruzione narrativa scontata, a causa di una sceneggiatura piatta, che riesce a dare poche emozioni, perché troppo prevedibile: pensiamo al crescendo di tensione, affidato solo alla via via sempre più scioccante scoperta dell'ampiezza del fenomeno.
Se il film è parco di emozioni, riesce meglio nell’intento di far emergere i vari aspetti del dramma. Nel seguire le difficoltà che l'inchiesta ha di farsi strada appare sempre più chiaro il ruolo colpevole dell'intera comunità, in una città, Boston, in cui la Chiesa Cattolica godeva di potere e influenza enormi. McCarthy, da cattolico, sviluppa bene il tema del doppio abuso, fisico e morale. Molti dei ragazzi abusati non solo hanno subito un trauma, ma si sono ritrovati privati della forza psicologica e morale per reagire, perché il tradimento era avvenuto proprio da parte delle persone da cui traevano il sostegno spirituale, nel silenzio terribile di coloro che avrebbero dovuto proteggerli.

Licia Miolo - ottobre 2015 - pubblicato su MCmagazine 38

 

promo

La storia vere del team di reporter del "Boston Globe" (la sezione "Spotlight"), che ha portato alla luce l'omertà della Chiesa del Rhode Island per coprire una diffusa rete di abusi sui minori. Tutto parte nell'estate del 2001, quando un nuovo dirtettore arriva al Globe e incarica il team di indagare sul caso di un sacerdote locale, accusato di aver abusati e ma "protetto" dalla curia locale. Ben presto per il gruppo diventa evidente quanto la protezione fosse sistematica ed "estesa". Nel gennaio 2002 il "Globe decide di pubblicare un'inchiesta completa, aprendo la strada per ulteriori rivelazioni, anche a livello internazionale... Per raccontare questa fantastica impresa giornalistica, Tom McCarthy ha scelto una strada anti-spettacolare costruedno un'opera ugualmente avvincente, di grande impatto morale: ricalca i fatti, fa tifare le coscienze, senza generalizzare né i meriti né le colpe, ma dando la giusta parte di vergogna alla casta degli avvocati speculatori. È questa la forza della sceneggiatura e la bravura fenomenale degli attori fa il resto. E i due Oscar (miglior film e, appunto, miglior sceneggiatura originale) ci stanno tutti.

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