Spider-Man |
Ha
salvato questo fine di stagione (50% degli incassi al botteghino sono
suoi), ha aggredito con garbo l’impero del merchandising (l’invasione
dei gadget, almeno da noi, non è stata fastidiosa), ha convinto, oltre
al pubblico, la critica, l’elite dei “fumettari”… “Chi sono io?”
si domanda in chiusura il protagonista di Spider-Man.
Di sicuro un eroe del mercato cinematografico! Si potrebbe esaurire
così la recensione di questo blockbuster 2001-2002 (due milioni e
mezzo di spettatori, quarto tra i film più visti), storia di un adolescente
imbranato che, morso da un ragno in mutazione genetica, subisce un
contagio che lo trasforma in un superuomo dotato di forza straordinaria,
mani e predi prensili, bava gelatinosa… Con questa, Spider-Man tesse
le sue maxi-ragnatele, si arrampica da un grattacielo all’altro, avviluppa
i criminali, sfreccia inarrestabile tra cielo e terra in una New York
che mai come di questi tempi ha avuto bisogno di eroi. È proprio nel
confronto con altri eroi dei fumetti, con altre metropoli trasmigrate
dalle strip al cinema, con l’immaginario collettivo di cui si nutrono
spettacolo e cultura di questo nuovo millennio, che sorgono ulteriori
doverose riflessioni. In primis sull’esplosiva regia di Raimi (La
casa, Darkman,
ma anche - non dimentichiamo - Soldi
sporchi), con i suoi arditi movimenti
di macchina e la visionaria (in)coerenza di prospettive e inquadrature
(memorabile quel bacio a testa in giù!). E poi la magnifica astrazione
spazio-temporale di costumi e ambienti, la continua tensione sonora,
il lugubre sfavillio delle immagini, la psicologia esistenziale del
mite Peter Parker. E qui entra in gioco l’eccezionale standard “autoriale”
delle professionalità hollywoodiane: da James Acheson (scenografie)
a Danny Elfman (musiche), da Don Burgess (fotografia) a David Koepp
(sceneggiatura). Ed è grazie alla sua fervida scrittura che la macchina
di Spider-Man
gira a mille, rischiando quasi di grippare… Sì perché in quel
“Chi sono io?” non c’è l’invincibilità di Superman, né lo snobismo
di Batman: c’è l’incerta maturazione eroica di un ragazzotto timido
e romantico che proprio per i super-poteri che il destino gli ha affidato
dovrà rinunciare ai suoi sogni (“un grande potere comporta grandi
responsabilità”). Il passaggio dal semplicistico (?) universo
dei comics alla complessità del fascino schermico è un azzardo riuscito,
anche se la retorica dei super-eroi continua a convincerci più su
carta che su celluloide: sarà per l’estremismo caricaturale degli
antagonisti? Anche qui, pur nella perfetta caratterizzazione affidata
a Willem Dafoe, i ghigni e le truci imprese di Green Goblin non danno
sorpresa. Tutto il carico emozionale va sulle spalle di Spider-Man
e del bravissimo Tobey Maguire: nella sua tela di ragno Raimi cattura
la magia del cinema, anche se non tutta la nostra passione cinefila. |
ezio leoni - La Difesa Del Popolo - 13 luglio 2002 |